In Italia l’ambientalismo politico è un flop “Relegati al ruolo di difensori del castoro”

Intervista a Roberto Giovannini su La Stampa

Vincono in Germania, alternano successi e sconfitte in Francia, addirittura eleggono il presidente della Repubblica in Austria. Perché in Europa vanno alla grande, e in Italia invece i verdi sembrano sempre ai margini?
«Intanto in Italia i verdi non vincono per colpa loro e di chi li ha rappresentati», ammette senza troppi problemi Francesco Ferrante, ex Pd, oggi esponente di Green Italia. «Si è data un’idea troppo ristretta dell’ambientalismo – dice – visto come semplice “difesa del castoro” o come l’ennesimo pezzettino della sinistra. Van der Bellen vince perché dimostra che l’ambientalismo è un’idea di cambiamento forte della vecchia politica, che rappresenta le aspirazioni a un mondo migliore. Un rinnovamento dell’ambientalismo politico in Italia ci può essere, ma passa per un bagno di umiltà all’europea».
Ferrante è convinto che però ci sia anche una grave responsabilità dei media e delle classi dirigenti tradizionali, che da sempre non «vedono» i temi dell’ambiente. È d’accordo anche Monica Frassoni, presidente dei Verdi europei e iscritta sia a Green Italia che alla Federazione dei Verdi. «In Italia occuparsi di ambiente e green economy – afferma – non porta consenso elettorale, altrimenti Matteo Renzi sarebbe almeno a parole molto più verde di noi». Per Frassoni c’è un problema «culturale e mediatico» che si è sommato al «nostro non essere stati abbastanza bravi come ecologisti in politica». Ma c’è una prospettiva per i verdi in Italia? «Non credo che M5S possa riempire questo spazio – risponde – dipende da noi, ma anche da quella parte della sinistra, della politica progressista e dell’associazionismo che non si riconosce in un Pd che è chiaramente sviluppista e datato».
Angelo Bonelli, dirigente della Federazione dei Verdi, al contrario esalta i «moderati» come Van der Bellen e Winfried Kretschmann, che governa con tantissimi consensi il ricco Land tedesco del Baden-Württemberg con un partito al 30% dei voti. «Vincono i verdi situati in una posizione politica baricentrica, non quelli schiacciati come in Italia sulla sinistra anche estrema – dice Bonelli – Sono stati commessi errori di leadership, ma il più grave è rinchiudersi in una prospettiva di pura contestazione e mai di governo e di cambiamento». Anche a giudizio di Bonelli ha pesato l’ostracismo dei media, ma molto dipende anche da una cultura popolare italiana «che, come in tutta l’Europa del Sud, dove i verdi sono deboli, è nemica del rispetto delle regole».
Per Ermete Realacci, uno dei non molti ambientalisti con ruoli significativi nel Partito democratico, i due casi citati da Bonelli devono far riflettere. Soprattutto il Pd: «Perché quei verdi “realisti” – si chiede – hanno sconfitto sonoramente la socialdemocrazia e resistono bene all’onda del populismo di destra? La verità è che senza le idee ecologiste, senza un bagno “verde”, neanche il Partito democratico ce la può fare».

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