La COP23 di Bonn? Non è stata inutile

Pubblicato su TuttoGreen.it

La ventitreesima conferenza dell’Onu sul clima si è conclusa all’alba di sabato, dopo una notte di trattative che è sembrata un omaggio ai riti dell’ecodiplomazia. Ma un mondo senza accordi multilaterali sarebbe un mondo senz’altro peggioreLa ventitreesima conferenza dell’Onu sui cambiamenti climatici – la COP23 di Bonn – si è conclusa all’alba di sabato, dopo una notte di trattative che, onestamente, è sembrata più un omaggio ai riti dell’ecodiplomazia che altro. Le questioni più importanti sul tappeto avevano infatti trovato una soluzione già il giorno prima. E a volte questa baroccaggine delle procedure delle Nazioni Unite sembrano dare ragione a chi considera eventi del genere un inutile spreco di risorse – una COP costa al Paese ospitante circa 200 milioni – e di tempo. Ma provate a pensare un mondo senza accordi multilaterali: sarebbe un mondo senz’altro peggiore.
Comunque questa Conferenza è stata di transizione, più dimessa e meno partecipata del solito, in cui forse la cosa più importante è stata la preparazione all’appuntamento dell’anno prossimo. Un appuntamento davvero cruciale quello del 2018. Infatti quando a Parigi, sulla spinta dei movimenti ambientalisti, si aggiunse in extremis, nell’Accordo che sarebbe stata firmato da lì a poche ore, la clausola per la quale le linee guida per aggiornare gli impegni nazionali sarebbero state discusse sin dal 2018, quello fu considerato un bel successo da quelli più preoccupati per la sorte del Pianeta. Perché era già chiaro allora che gli impegni con cui tutti i Paesi si erano presentati a Parigi non erano affatto sufficienti ad evitare che la temperatura globale non salisse oltre i 2 gradi, anzi si mantenesse al di sotto di 1,5 come auspicato dagli scienziati dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change). E quindi l’accelerazione della revisione fu considerata molto importante.

Ma nessuno in quel momento pensò che quell’appuntamento dovesse capitare proprio in Polonia: la bestia nera, in Europa, di chi vuole “decarbonizzare” l’economia. Intanto bisogna considerare che il Paese ospitante le conferenze dell’Onu ne ha anche la Presidenza e può quindi svolgere un ruolo rilevante nell’indirizzare le trattative e la loro conclusione. Fu così a Parigi. E lo è stato anche qui a Bonn che ospitava in maniera straordinaria una Conferenza la cui Presidenza era delle Isole Fiji (non in grado di ospitare un evento del genere). La presidenza di Fiji ha sostenuto con successo lo sforzo dei paesi poveri di porre al centro della trattativa di queste due settimane il tema dei finanziamenti che i paesi poveri dovrebbero ricevere da quelli ricchi.

Un tema su cui si è sempre un po’ ciurlato nel manico. Loro, i ricchi, è dal 2009 che si sarebbero impegnati a trovare, entro il 2020, 100 miliardi di dollari annui allo scopo, e la loro OCSE sostiene che sono già arrivati a 113. Peccato che gli altri, i poveri, con gli studi più affidabili per la verità, dicono che non è affatto vero. Che tuttalpiù saranno forse 50, che calcolare i prestiti come finanziamenti è vergognoso. Per non parlare poi del fatto che loro, i ricchi, investono in “mitigazione” (tecnologie per ridurre le emissioni), ma gli altri, i poveri e più a rischio, vorrebbero intanto i soldi per l’”adattamento” per difendersi da fenomeni meteorologici estremi sempre più frequenti, dall’innalzamento del livello dei mari, dall’avanzare della desertificazione.

Insomma la presidenza gioca un ruolo importante. Allora che i polacchi abbiano scelto come luogo della prossima COP una città in piena regione mineraria a 300 km a sud-ovest di Varsavia non sembra certo di buon auspicio. D’altra parte i polacchi in Europa svolgono attivamente il ruolo di freno di ogni iniziativa avanzata su rinnovabili, efficienza, riduzione emissioni proprio per difendere il loro carbone.

Da qui il lavorio a Bonn per preparare documenti che rendano più difficili marce indietro guidate da Varsavia. Uno sforzo che sembra riuscito. In cui per una volta la delegazione italiana, forte della scelta di fuoriuscire dalla produzione di energia elettrica da carbone entro il 2025 contenuta nella SEN (Strategia Energetica Nazionale), ha svolto un ruolo positivo schierandosi con la parte più avanzata dell’Europa e partecipando, ad esempio, al lancio dell’Alleanza globale per lo stop al carbone.

Ed è proprio in Europa che nei prossimi mesi ai giocherà la partita decisiva: se non si innalzeranno tutti i target attualmente in discussione per il 2030 il tempo finirà e gli obiettivi di Parigi rischieranno di diventare irraggiungibili. Noi nel frattempo saremmo impegnati nella campagna elettorale. Senza spingersi a volersi paragonare alla Germania, dove in queste ore nella trattativa per la formazione del nuovo governo sono solo due i temi decisivi, migranti e cambiamenti climatici, è possibile chiedere a chi si candida, da solo o in compagnia a governare il Paese, di provare a dare dovuta attenzione e formulare proposte e magari persino a dividersi anche su questioni legate alla lotta contro i cambiamenti climatici e che allo stesso tempo sono decisivi nella nostra vita quotidiana? A dichiarare esplicitamente che si vuole cambiare strada rispetto a quella percorsa negli ultimi tre anni che hanno visto nel nostro Paese fermare la corsa delle rinnovabili e aumentare le emissioni di anidride carbonica?

Si vedrà, augurandosi di essere smentiti nel proprio scetticismo così che, se davvero come pare possibile, la COP26 del 2020 si terrà in Italia potremo svolgere un ruolo da protagonisti, e non da comprimari.

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