Sogin: di disastro in disastro

Pubblicato su TuttoGreen.it

Il ministro Calenda dopo avere annunciato innumerevoli volte – usando anche Twitter come è ormai di moda – che avrebbe pubblicato la CNAPI (orribile acronimo per indicare la mappa dei siti dove potrebbe essere ospitato il deposito dei rifiuti nucleari) ha invece abbandonato il MISE senza onorare alla sua promessa. Una delle tante a dir la verità (dove è ad esempio il decreto sulle rinnovabili che ormai ha accumulato un ritardo di quasi due anni? E nemmeno quello “urgente” sui titoli di efficienza energetica ha fatto in tempo ad essere emanato) a dimostrazione che anche quello apparentemente più “dinamico” tra i ministri uscenti è in forte debito quando dalla “narrazione” si passa alla “realtà”. Ma nel caso della CNAPI dobbiamo forse ringraziare la vigliaccheria della politica – non in grado di affrontare le prevedibili contestazioni territoriali – e le pastoie burocratiche che ne hanno ritardato e impedito la pubblicazione. Immaginarsi, infatti, la gestione di quella pratica da parte di un soggetto così disastrato come la Sogin, fa tremare le vene dei polsi. Ne abbiamo già scritto qui qualche mese fa per denunciare lo spreco di risorse che ne caratterizza un’attività invero impalpabile in quello che dovrebbe essere un compito assai delicato: il decommissioning di quel poco di nucleare realizzato in questo Paese prima del referendum sul nucleare del 1987.

Oggi, all’indomani della approvazione da parte del Cda del bilancio dello scorso anno appare sempre più urgente mettere mano  alla sua governance che non sembra in grado di assolvere ai compiti affidatigli.

Nel comunicare l’approvazione del bilancio, Sogin vanta risultati “straordinari” dal punto di vista economico e già qui c’è un clamoroso equivoco: le attività Sogin vengono pagate con le nostre bollette e quelle della sua controllata Nucleco per l’80% dalla stessa Sogin. C’è poco da vantarsi dei ricavi in questa situazione. Sogin dovrebbe  fare il decommissioning e spendere (bene e rapidamente) i soldi che gli diamo. Perché ogni anno di ritardo fa aumentare i costi di circa 130 milioni (tanto si spende per il funzionamento della società: manutenzione dei siti, personale, costi di gestione). Invece l’azienda non è riuscita a impiegare nemmeno Il budget previsto per il 2017 di 83.6 milioni che essa stessa si era data nel dicembre 2016 autoriducendosi quello precedente approvato a febbraio del 2016 che  ne prevedeva 140. Quindi in realtà la lettura del bilancio conferma la nostra denuncia : Sogin manca clamorosamente i suoi obiettivi e infatti nel 2017 sono state realizzate attività di decommissioning per appena 63,2 milioni.  Sempre nel corso del 2017, l’azienda invece di accelerare  ha rinviato di ben 13 anni la previsione della conclusione dei lavori a  Trisaia, di ben 12 quelli di Trino Vercellese, di 11 quelli di Saluggia. Rispetto al piano industriale del 2013, il brown field dei siti è slittato di 11 anni, dal 2025 al 2036! È bene ricordare che Sogin deve ancora iniziare la solidificazione dei pericolosi rifiuti liquidi di Trisaia e Saluggia, e sono ancora tutte da condizionare le resine di Trino e Caorso, tutti rifiuti vecchi ormai 40-50 anni ed il cui condizionamento doveva essere completato entro il 2014. Invece, sempre nel 2017 Sogin si è avventurata in una vertenza giudiziaria contro Saipem (azienda controllata dallo stesso governo, seppur indirettamente, tramite Cdp ed Eni, cui era stata appaltata la realizzazione degli impianti per la cementazione dei rifiuti liquidi proprio a Trisaia e Saluggia) con motivazioni anche discutibili  (in audizione al Senato il suo amministratore delegato ha dichiarato che “Saipem avrebbe dovuto comprare ferro e bulloni e costruirsi in casa carriponte e manipolatori” invece di acquistarli dai migliori fornitori).

Il problema del bilancio Sogin è che le risorse invece che essere impiegate per le attività di decommissioning sono in larga parte dedicate alla sopravvivenza della struttura medesima. Infatti l’unica seria riduzione del personale Sogin si ebbe tra il 2006 ed il 2009 quando durante la gestione di Massimo Romano di passò da circa 800 a circa 650 unità, poi, tra il 2010 e il 2015,  il personale è stato gonfiato sino a oltre 1000; adesso appare un po’ eccessivo vantarsi di essere scesi appena sotto quella soglia (990 persone)  avendo speso in 2 anni oltre 5 milioni di incentivi per agevolare l’uscita di 30 (trenta) persone  (soldi tutti prelevati in bolletta), peraltro con il dubbio di avere favorito l’uscita di tecnici esperti.

Infine il punto forse più delicato del bilancio dal punto di vista istituzionale: i ricavi della commessa nucleare sembrano addirittura  “inventati”, infatti l’Autorità per l’energia (recentemente ribattezzata ARERA, come noto in scadenza è attualmente in regime di prorogatio) avrebbe dovuto deliberare il riconoscimento dei costi 2017 di Sogin e invece non lo ha mai fatto, rendendo legittimi i dubbi specialmente per quanto riguarda le penalità ed i minori rimborsi di alcuni costi in caso di avanzamento dei lavori di decommissioning inferiore agli obiettivi programmati (e sembra proprio il caso, visto che 63,2 milioni realizzati nel 2017 sono circa il 30% dei 190 milioni previsti dalla programmazione originale, alla base del sistema regolatorio vigente). Quindi i numeri comunicati appaiono essere solo un’ipotesi, ovviamente ottimistica: non ci era mai capitato di vedere un bilancio, in cui 420 milioni di ricavi (poco meno del 100% del totale) fossero solo un’ipotesi!

Mentre scriviamo non sappiamo ancora se e come finirà la vicenda legata alla costituzione di un nuovo Governo. Certo che la vicenda del decommissioning nucleare, e dell’azienda che se ne dovrebbe occupare non potrebbe che considerarsi una priorità da affrontare con urgenza. Vedremo

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