Caro Nichy, noi con le rinnovabili senza se e senza ma

pubblicato su qualenergia.it

Ho letto con attenzione l’intervista che il Governatore della Puglia e leader di Sel, in questi giorni impegnato nella campagna elettorale in favore della lista Tsipras, ha rilasciato a Qualenergia.it a distanza di un mese e mezzo da un’altra intervista (alla Gazzetta del Mezzogiorno) nella quale la posizione espressa da Vendola aveva lasciato perplessi – per usare un eufemismo – molti sostenitori delle fonti rinnovabili.

L’attenzione era dovuta alla ricerca di una smentita dell’affermazione più grave contenuta in quella prima intervista: la richiesta al Governo nazionale di “imporre un tetto alle rinnovabili”. Niente da fare, ricerca vana: la smentita non c’é. E lo sconcerto resta quello di fine marzo. Vendola dice, in buona sostanza, “noi in Puglia abbiamo già  fatto il doppio di quanto ci si chiedeva di fare al 2020” , come se lo sviluppo delle rinnovabili fosse un sacrificio e non sia stato anche occasione di lavoro per molti artigiani pugliesi, un modo intelligente per gli agricoltori in difficoltà  di integrare il loro reddito, una chance di riconversione per tante piccole industrie, e soprattuto il primo passo per l’affermazione di un modello di generazione distribuito che ha coinvolto migliaia di cittadini che sono diventati essi stessi produttori di energia e che è il futuro auspicabile e più “democratico”.

 

Ma soprattutto si resta sconcertati per la miopia per cui Vendola apparentemente non capisce che l’orizzonte non può essere limitato: l’obiettivo deve essere la totale decarbonizzazione dell’economia e che quindi quei target al 2020 sono solo transitori e, infatti, la stessa Europa, seppur con le noti difficoltà  dovute alle pressioni contrarie delle lobby fossili, sta aggiornando gli obiettivi e persino la Germania della Merkel e della grosse koalition vuole arrivare all’80% di energia da rinnovabili entro il 2050. Allora che senso ha, di fronte alla condivisibile lamentela per cui all’aumento di produzione da rinnovabili non abbia corrisposto la riduzione, se non la dismissione come da noi richiesto, del carbone a Cerano, chiedere un tetto per le rinnovabili e non appunto aumentare il conflitto contro il fossile inquinante?

 

Non si discute qui ovviamente che anche “il bene vada fatto bene” e che quindi le rinnovabili, il fotovoltaico come l’eolico, debbano inserirsi correttamente nel paesaggio e che si debba combattere ogni forma di speculazione anche in questo settore. Ma non si capisce perché la Regione non usi i propri strumenti regolatori – senza ricorrere a ostruzionismi pretestuosi come troppo spesso invece avviene – e si rivolga addirittura un appello al Governo nazionale per bloccare tutto. Un Governo, come è noto, che in tutte le sue recenti forme – di destra (con Scajola e poi Romani), tecnico (con Passera) e di centro sinistra (con Zanonato e ora Guidi),non vede l’ora di assestare un’altra botta alle rinnovabili , per cercare di tutelare il fossile in difficoltà .

 

Lo stesso Vendola nell’intervista a Qualenergia.it ricorda che il Governo aveva comunque emanato le Linee Guida sulle rinnovabili nel 2010: perché la Regione non le ha usate per governarne lo sviluppo? Invece no. La Puglia da regione “ospitale” Ä— diventata nemica delle rinnovabili, sino al paradosso di esprimere parere negativo su un impianto eolico offshore a Taranto perché lo stesso avrebbe avuto un impatto paesaggistico devastante! Un impianto che dalla costa praticamente non si sarebbe quasi visto. Nella città  dell’Ilva!

 

E non è nemmeno sensato imputare alle rinnovabili la “responsabilità ” di dover adeguare l’obsoleta rete elettrica come se fosse una colpa. àˆ invece il futuro che si deve fare presente: smart grid per favorire la generazione diffusa e superare un modello fondato sulle grandi centrali termoelettriche.

 

No, la strada da percorrere è proprio opposta a quella indicata da Vendola. In Europa dovremo batterci per correggere le timide e retrogradi proposte della Commissione Barroso che per il 2030 vorrebbe un solo obbiettivo vincolante: riduzione del 40% delle emissioni di CO2. Troppo poco come dicono tutti gli ambientalisti europei. Quell’obiettivo va aumentato e gliene vanno affiancati altri due altrettanto vincolanti e più ambiziosi per gli Stati membri su fonti rinnovabili ed efficienza energetica. Il semestre di presidenza italiana sarà  decisivo per definire la posizione che l’Europa porterà  nel 2015 in sede di trattativa ONU sui cambiamenti climatici che avrà  a Parigi una sua tappa decisiva. Come facciamo a combattere le lobby fossili che vogliono intervenire retroattivamente sugli incentivi qui in Italia e far vincere in Europa le posizioni “polacche” a favore di carbone e shale gas o gli inglesi che ancora insistono sul nucleare, se invece di marciare uniti verso il futuro fossil free ci attardiamo in frenate incomprensibili se non per rincorrere il voto di qualche sedicente comitato locale che trova la sua ragione di esistere nell’essere contro tutto?

 

Senza se e senza ma verso una società  che, liberandosi dalla schiavitù dei fossili, costruisca le condizioni migliori per combattere i cambiamenti climatici e realizzi le opportunità  di un’altra economia e nuovo lavoro. Questo è l’obiettivo lungimirante su cui lavorare.

 

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