Fonti rinnovabili di energia


capitolo del Rapporto Green Italy 2017 della Fondazione Symbola
Nel Rapporto Green Italy dello scorso anno avevamo registrato con soddisfazione molti dati positivi relativamente allo sviluppo delle rinnovabili nel nostro Paese:
a giugno del 2016 la quota di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili per la prima volta aveva superato quella provenienti da fonti fossili;
su base annua, il contributo delle rinnovabili sulla elettricità consumata si è stabilizzato intorno al 35-40%.
il record mondiale – tra i paesi industrializzati – del contributo del solare fotovoltaico al mix elettrico: l’8%.
Numeri importanti e imprevisti fino a pochissimi anni fa quando tutto l’establishment energetico considerava quello delle rinnovabili un settore di nicchia, che mai avrebbe potuto contribuire significativamente al sistema elettrico.
Già lo scorso anno indicavamo negli anni dal 2007 al 2013 quelli nei quali, seppur con strappi e qualche errore, le rinnovabili si sono affermate anche nel nostro Paese come protagoniste del sistema elettrico. E quel settore peraltro si era dimostrato l’unico anticiclico, proprio negli anni della crisi economica globale peggiore, arrivando a impiegare oltre 100mila lavoratori in Italia e creando sviluppo e ricchezza.
Uno sviluppo che contrariamente alla vulgata per cui se ne sarebbero avvantaggiati solo produttori stranieri (e segnatamente i cinesi e i loro pannelli) ha costruito know-how ed economia reale: in un impianto fotovoltaico il cuore tecnologico non è il pannello ma l’inverter e quelli in giro per il mondo sono molto spesso italiani (di Power One o di Santerno ad esempio).
Va quindi ribadito che al valore aggiunto connesso al know how tecnologico di cui dobbiamo essere fieri (e che non sarebbe stato possibile costruire senza una politica di incentivi), sommassimo anche ciò che restava nelle tasche degli installatori, possiamo calcolare in ben oltre il 70% il valore degli incentivi che sono restati nel nostro Paese persino nel campo del fotovoltaico. E analogo ragionamento si può fare con l’eolico. Insomma quelli sono stati anni di un fermento imprenditoriale positivo che, come sempre nel nostro Paese, si è basato sul talento e la capacità di piccole e medie imprese.
E così come l’anno scorso registriamo con soddisfazione i progressi nell’efficienza energetica in edilizia con l’ampliamento e il rafforzamento dell’ecobonus che così tanti risultati positivi ha dato in questi anni, e con il “conto termico” – per l’ammodernamento degli impianti termici con le rinnovabili – che al 1 settembre 2017 aveva finalmente fatto registrare un buon numero di richieste (47.500) per 172 milioni di euro.
Certo si può chiedere anche di più, sia nel primo campo – collegando meglio e in maniera più stabile gli incentivi fiscali a interventi di ristrutturazione edilizia che abbiamo effetti più rilevanti sull’efficienza dell’intero edificio – sia nel secondo – facendo più promozione e informazione sulle opportunità offerete dal conto termico tendo conto che quel fondo di 900 milioni è ben lontano da essere completamente utilizzato.
Ma insomma i passi avanti sono evidenti e il grafico aggiornato che vi proponiamo conferma il nostro primato in Europa (fig.1)
Purtroppo le buone notizie finiscono qui. Gli ostacoli – di ordine burocratico, sociale e soprattutto quelli dovuti a scelte politiche – che avevamo rilevato e su cui avevamo messo in guardia nell’ultimo rapporto di Green Italy hanno infatti iniziato a dare i loro frutti negativi.
Nei primi sette mesi del 2017 abbiamo prodotto 58,9 TWh di elettricità da fonti rinnovabili. Nello stesso periodo lo scorso anno i miliardi di chilowattora puliti furono 62,3. Un calo del 5,4% in un periodo in cui – siccome i consumi, per il benvenuto attenuarsi della crisi, sono tornati a salire – la produzione termoelettrica (con i fossili) è aumentata dell’11,3%! Un calo sì dovuto a un fenomeno naturale – diminuzione delle precipitazioni (chissà quanto influenzata dai cambiamenti climatici in atto) – che ha ridotto il contributo dell’idroelettrico, ma il problema è che contrariamente a quanto avveniva negli anni gloriosi – dal 2007 al 2013 – lo sviluppo delle “nuove rinnovabili”, eolico, fotovoltaico, biomasse (da filiera corta), si è fermato e non ha più potuto compensare il calo – comunque sempre possibile – dell’idroeletrico. D’altra parte neanche il biometano e la geotermia che avrebbero straordinarie possibilità di sviluppo sono state messe in grado di contribuire perché siamo ancora in assenza di un quadro normativo adeguato.
Uno stop quello delle rinnovabili negli anni dal 2014 in poi assai grave, sia dal punto dello sviluppo economico che da quello del climate change : proprio mentre si firmava l’Accordo di Parigi (dicembre 2015), le scelte politiche del nostro Paese (lo spalmaincentivi per fare un esempio) o la mancanza delle stesse (ritardo nei decreti che dovrebbero regolare incentivi e l’impianto autorizzatorio per le fonti rinnovabili) hanno determinato che nel settore elettrico abbiamo assistito per la prima volta in 25 anni a un’ inversione di tendenza per cui le emissioni specifiche (grammi di CO2 per kWh prodotto) sono tornate a salire: erano scese al minimo di 303 nel 2014 (proprio grazie all’’esplosione delle rinnovabili), per risalire a 315 nel 2015 e a 331 lo scorso anno (quasi uno spettacolare e preoccupante + 10% in soli due anni).
È urgente cambiare rotta e tornare a crescere proprio nel settore più moderno, pulito e innovativo. Per questo è da accogliere positivamente la proposta di Strategia Energetica Nazionale – che mentre scriviamo questo rapporto è in fase di consultazione – fatta da Ministero dello Sviluppo Economico e dal Ministero dell’Ambiente che finalmente non tratta più le rinnovabili come figlie di un Dio minore. Ma affinché il 2018 e la prossima legislatura possano rappresentare un nuovo inizio è fondamentale che la versione definitiva della SEN proietti sé stessa sino al 2050 (come si fa comunemente a livello internazionale) perché solo con uno “sguardo lungo”saremo in grado di capire su quali infrastrutture energetiche vale davvero la pena investire in questo Paese. Nella proposta attuale infatti sembrano davvero sovrastimate quelle necessarie al gas, fino ad arrivare a quella assurda, della completa metanizzazione della Sardegna . In un’ottica diversa allora sarebbe più saggio aumentare la quota di rinnovabili nell’elettrico al 2030 almeno al 60% (come d’altronde ha dichiarato possibile e realizzabile lo stesso ad di Enel) e soprattutto si potrebbe e dovrebbe lavorare a una riforma/rivoluzione delle regole e del mercato tali da consentire e promuovere l’autoproduzione da rinnovabili che è la vera nuova sfida da vincere nel prossimo futuro.
La società italiana sembra pronta a questa rivoluzione, le grandi aziende e soprattutto le loro rappresentanze assai meno. Recentemente un rapporto internazionale, il Corporate Carbon Policy Footprint ha preso in esame duecentocinquanta grandi imprese e il loro atteggiamento nei confronti del climate change , e se l’Enel – grazie alla svolta “rinnovabilista” – era nel gruppo dei 35 più pro-attivi, due grandi attori quali Eni e Fca (ex Fiat) erano invece tra i “cattivi” che remano contro.
Dipende anche da chi vincerà tra queste forze opposte (i rinnovatori o i conservatori?) se il nostro Paese saprà cogliere tutte le opportunità di un percorso verso la decarbonizzazione dell’economia. Opportunità non solo nella produzione dell’energia ma in tuti i settori economici: nell’edilizia, come abbiamo visto, e nell’agricoltura (si pensi a alla stima del Consorzio Italiano del biogas che conta di fare 8 miliardi di metri cubi di biometano che le buone pratiche agricole e la doppia coltura), grazie alla digitalizzazione e nella mobilità (che dovrà essere nuova, più basata sul trasporto pubblico e meno sul mito dell’auto di proprietà e sempre più elettrica).
Ci attendono sfide enormi che si giocheranno nell’uso sempre più efficiente delle risorse – quella che chiamiamo economia circolare in cui svolgerà un ruolo sempre più rilevante la chimica verde nel percorso che ci porterà fuori dall’”era fossile”. Ma non sono soltanto sfide affascinanti che vale la pena affrontare sono anche le sole che possono garantirci un futuro migliore.

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