Il Paese fragile e le regole

Le zone colpite dal terremoto, in particolare l’Emilia, contano 24 morti, danni al tessuto abitativo, artistico ed economico per diversi miliardi di euro e gli sfollati sono circa quindicimila:un quadro che racchiuso in queste essenziali informazioni è già  di per se estremamente tragico e luttuoso, ma che ad una larga parte dei media e dell’informazione in generale sembra non essere sufficiente.

Così leggiamo e ascoltiamo di paesi interi rasi al suolo, di una regione al collasso, addirittura di cittadini alla fame.

Un riflesso condizionato ha fatto poi partire l’accostamento ai terremoti dell’Irpinia e del Friuli.

Terremoti che, ricordiamolo, provocarono 4mila morti e centinaia di migliaia di sfollati.

Vogliamo sottovalutare la portata di quanto è successo?

Assolutamente no, ma vogliamo invece mettere in luce che un certo tipo di informazione contribuisce a consolidare la fenomenologia del disastro naturale cui occorre semplicemente arrendersi, pensando che dopo essersi chinati di fronte all’ineluttabile catastrofe, si ricominci da dove si era lasciato, rifacendo gli identici errori.

Questo sentimento diffuso non stupisce, perchè è stato accarezzato e utilizzato per decenni dalla classe dirigente del nostro Paese, incentivando a costruire, sempre e comunque, antropizzando il territorio in nome della sicurezza del mattone.

E gli anni del berlusconismo di questa tendenza hanno fatto la propria cifra: solo un anno fa il governo Berlusconi voleva rilanciare l’economia appunto col mattone, con una ricetta da Italia anni 50.

La vocazione a occupare il territorio è una caratteristica di economie in cui il nostro Paese non può più riconoscersi, perchè gli oneri che derivano dalla dispersione energetica e dall’inquinamento si traducono in innalzamento dei costi e abbassamento della qualità  della vita.

L’occupazione del territorio va poi di pari passo poi con quella voglia sfrenata di deregulation, che duole dirlo abbiamo visto cosa ha comportato con molti capannoni industriali, magari costruiti 10 anni fa, e venuti giù come castelli di carte.

Non possiamo che chiedere, come facciamo da tempo, a volte non sostenuti con energica convinzione nemmeno dalla nostra parte politica,perchè in una Italia che fatica così tanto a rispettare le regole, dove la cosa pubblica è intesa spesso come la cosa di nessuno da sfruttare, svilire, mortificare, tuttavia non si impari mai la dura lezione dell’esperienza.

Forse perchè è il facile gioco di chi vuole fare il furbo, mescolando le carte e camuffando le ipotesi di sanatoria dell’abusivismo edilizio con la necessaria semplificazione burocratica. La continua proroga all’entrata in vigore delle norme antisismiche e il tentativo di “tana libera tutti” contenuto nei piani casa di troppe regioni, compresa una semplificazione in materia antisismica, devono appartenere ad una storia che non dobbiamo mai più vedere nel nostro paese.

Ora è il momento della solidarietà  nazionale e della necessità  di intervenire rapidamente, anche facendo ricorso a quei due centesimi in più sulla benzina che in molti, in maniera bipartisan, hanno criticato per un mal interpretato senso di equità .

Da domani cominciamo invece a considerare il nostro Paese come è realmente, ovvero fragile e bisognoso di attenzione, per cui ognuno deve fare la propria parte, iniziando magari a mettere in sicurezza la propria abitazione, cosa per la quale sarebbe veramente auspicabile l’estensione degli ecoincentivi del 55%.

Sperando di non sentire , magari dalle stesse voci che in questi giorni mostrano grave indignazione e foga polemica, qualche nuovo peana per quelle “semplificazioni” che in realtà  nascondono pericolose derugulation. E un banco di prova sarà  nei prossimi giorni osservare le reazioni all’insensata proposta del ministro Passera di liberalizzare le trivellazioni in mare.

ROBERTO DELLA SETA

FRANCESCO FERRANTE