Incentivi alle rinnovabili: la storia di un grande successo

pubblicato su TuttoGreen de La Stampa 

Il 6 luglio finiscono i fondi per il fotovoltaico. Una campagna di stampa parla di “inutili sprechi”, ma i numeri dicono cose diverse

 

Il 6 luglio sarà  a suo modo una giornata storica per le energie rinnovabili in questo Paese. Da quel giorno infatti non è più previsto alcun incentivo per i nuovi impianti fotovoltaici. Questo significa la fine della (breve) storia del fotovoltaico in Italia? Assolutamente no. Ma prima di delineare le possibilità  di sviluppo futuro, questa è ottima occasione per trarre un bilancio degli incentivi e dei loro effetti. Gli incentivi finiscono perché si è raggiunto il limite di 6,7 miliardi di euro l’anno. Una cifra significativa e considerevole che nel dibattito pubblico italiano è diventata sinonimo di “spreco”, nella migliore delle ipotesi “bolla” spesso definita “speculativa” , che “ha favorito gli stranieri”, e “fonte di devastazione del territorio”.  

 

Luoghi comuni che poco hanno a che fare con la realtà . Vediamo intanto la cifra assoluta: se sommiamo a quelli previsti per il fotovoltaico, gli incentivi per le altre fonti rinnovabili elettriche si raggiungono circa 10 miliardi. Tanto? Poco? Utile forse fare il confronto con la Germania – “locomotiva d’Europa” e unico altro paese europeo che può vantare un’industria manifatturiera come la nostra – lì quest’anno arriveranno a spenderne quasi 20. E visto che quello tedesco è un mercato elettrico doppio del nostro, la cifra è analoga. Ma questo costo, si dice, pesa sulle bollette elettriche di imprese e famiglie e contribuisce allo svantaggio competitivo (energia elettrica più cara) del sistema economico italiano. Poco vero anche questo: il delta prezzo con l’Europa (che pagano le piccole e medie imprese e non le grandi e , per la verità , nemmeno le famiglie) è dovuto piuttosto al prezzo del gas. basti pensare che l’anno scorso , appena leggermente svincolato il prezzo dalle rigidità  “monopolistiche” , abbiamo risparmiato senza colpo ferire almeno 4 miliardi, o alle le storture della nostra rete (il mancato collegamento con la Sicilia ci costa 1 miliardo ad esempio).  

 

Molti i risparmi che si potrebbe fare, a partire da togliere oneri davvero impropri sulla bolletta (dismissione nucleare, sconti per ferrovie e altri, IVA) da cui potremmo ricavare circa 2 miliardi. Insomma si incolpano le rinnovabili di delitti altrui, senza considerare i benefici diretti (riduzione del prezzo dell’elettricità  nelle ore di punta quando c’è tanto sole e riduzione delle importazioni di fonti fossili) e quelli indiretti (legati alla riduzione dell’inquinamento e delle emissioni di gas climalteranti): gli studi recenti (Althesys, Irex) calcolano in circa 35 miliardi di euro il saldo dei benefici cumulati nei prossimi anni sino al 2020 grazie alle rinnovabili. E non è nemmeno vero che sia stato un regalo ai cinesi che ci hanno fornito i pannelli. La realtà  anche qui è più favorevole di quel che comunemente si lascia intendere: è vero che i pannelli sono in larga parte cinesi, ma in un impianto il costo del pannello oggi pesa per poco più del 30%, il cuore della tecnologia e del know how sta invece negli inverter. Guarda caso qui siamo i leader mondiali: sono italiani gli inverter del più grande impianto fotovoltaico al mondo che si sta costruendo in Usa e gli stessi cinesi usano i nostri inverter per i loro campi. Recentemente il colosso dell’energia , la multinazionale svizzera ABB ha pagato 1 miliardo per acquisire un’azienda che produce inverter (tra i migliori al mondo) nell’aretino. Insomma quegli incentivi una filiera industriale l’hanno creata anche qui, non solo in Germania e gli effetti sull’occupazione – nonostante gli stop and gol imposti prima da Berlusconi e poi da Passera – si erano iniziati a vedere. 

 

Infine la lamentela sull’impatto sul paesaggio e l’uso del territorio agricolo. La verità  è che grandi impianti “sbagliati” per localizzazione sono davvero pochi e anche se tutti i 17mila megawatt di fotovoltaico attualmente istallato fossero a terra (e così ovviamente non è) occuperebbero 0,03% della superficie agricola. Quindi i supposti effetti negativi non ci sono , o sono assai limitati, restano quelli postivi già  accennati legati a riduzione importazione fonti fossili, diminuzione inquinamento, raggiungimento obiettivi europei, rilancio economia e occupazione. Si fermerà  tutto con la fine degli incentivi? No, a patto di fare politiche nuove e intelligenti. Siamo vicini alla grid parity: già  oggi in Sicilia per un supermercato che ha tanti consumi, spazio sui tetti sufficiente è conveniente realizzarsi il proprio impianto fotovoltaico anche senza incentivi. Si tratta di favorire queste possibilità  agendo su scambio sul posto, sostegno autoconsumo, favorendo l’accumulo. E in questo quadro è utile pensare a sostegno per gli impianti piccoli, quelli familiari da 3 kw, magari collegandoli alle batterie per permettere la sconnessione dalla rete. E poi ovviamente ci sono le altre fonti e quelle termiche. Insomma il futuro resta rinnovabile e l’era del fossile si esaurirà  anche prima che finiscano i combustibili convenzionali.  

 

* vicepresidente del Kyoto Club