Sindaco Marino per favore resti un marziano

Come “Un marziano a Roma” del racconto di Ennio Flaiano – il “signor Kunt” che atterrato col suo disco volante dentro Villa Borghese diventa subito una celebrità  e viene ricevuto con ogni onore dai potenti – anche Ignazio Marino è un marziano: diventato sindaco a giugno scorso quasi doppiando nel ballottaggio elettorale il suo fallimentare predecessore Alemanno (64 a 36), è primo cittadino di Roma da cinque mesi ma per ora continua a muoversi da extraterrestre.

Marino non è un “indigeno”, forse pure per questo ignora i riti, i riflessi pavloviani, le abitudini (quasi tutte cattive) della politica capitolina: letteralmente li ignora, nel senso che prima non li conosceva e ora fa come se non ci fossero.

Un primo rito ignorato o almeno contestato dal sindaco, vero stigma dell’agire pubblico non solo romano ma decisamente nazionale, è il modello relazionale come criterio di scelta delle persone cui affidare ruoli di responsabilità  amministrativa. La “rivoluzione del curriculum” annunciata e in qualche caso già  praticata da Marino, l’idea – per l’Italia davvero marziana – di nominare “per merito”, negano decenni di cooptazioni su base relazionale: ti scelgo per un incarico importante non perché sei bravo – magari sei pure bravo ma non c’entra… -, ti nomino per ricambiare un tuo favore (tu mi hai appoggiato, io ora mi sdebito) o perché sei mio amico o amico di qualche mio amico. Per carità , non sarà  una rivoluzione semplice e probabilmente non potrà  essere completa: ma iniziarla è già  un terremoto.

Altra abitudine, questa spiccatamente romana, che Marino cerca di mettere in discussione riguarda i rapporti con i portatori di interessi e con le rappresentanze sociali. Da sempre, e con rarissime eccezioni, a Roma si governa scendendo a patti con due principali ordini di poteri informali: i grandi immobiliaristi eredi dei “palazzinari” e padroni della rendita fondiaria, le lobby industriali e le corporazioni sindacali che comandano nelle aziende dei servizi municipali. Questo modello di governance ha portato Roma al collasso. Il punto non è, naturalmente, se chi guida la città  debba o meno dialogare con chi è titolare di interessi economici  rilevanti o con chi rappresenta la maggioranza dei dipendenti di questa o quella azienda comunale: certo che deve. Ma “dialogare”, fino a oggi, ha spesso significato che le scelte amministrative venivano ritagliate su convenienze private o su pressioni corporative anziché sull’interesse generale.

Questo sindaco, da buon extraterrestre, sembra deciso a seguire un’altra strada. Vedremo con quali esiti concreti, intanto Marino da una parte usa parole inusitatamente dure e chiare sull’urgenza di “bonificare” Atac e Ama, le aziende dei trasporti e dei rifiuti al centro di scandali (i biglietti clonati di Atac, con cui per anni una cupola di corrotti ha sottratto alle casse dell’azienda centinaia di milioni…) e divorate dall’inefficienza, dall’altra avverte Acea, l’ex-municipalizzata dell’acqua e dell’elettricità , che il Comune possedendo il 51% delle azioni ha il diritto e il dovere di decidere le strategie aziendali. Infine su un’altra questione delicata e scivolosa, il rapporto con la lobby del mattone, il sindaco-alieno non si è limitato a dire ma ha fatto: ha cancellato la delibera varata da Alemanno che condannava alla cementificazione 1700 ettari dell’agro romano e regalava tanti milioni ai proprietari delle aree in questione, trasformate grazie alla delibera da agricole a fabbricabili.

Allora la nostra netta sensazione è che l’attacco al sindaco sul bilancio da parte delle opposizioni nasca da queste sue “gesta marziane” molto più che da sincere preoccupazioni per il dissesto finanziario del Comune. Il messaggio dei poteri spodestati è chiaro: “che ti sei messo in testa, di governare senza di noi?”.

In campagna elettorale Marino aveva promesso zero consumo di suolo, Fori imperiali pedonalizzati, chiusura immediata della discarica di Malagrotta, trasparenza assoluta nelle scelte di governo. Questi impegni per una parte li ha mantenuti, è già  una rivoluzione.

Adesso in parecchi, non solo tra gli avversari di Marino ma dentro la sua stessa maggioranza, cominciano a dire che la “marzianità ” del sindaco tradisce la sua inesperienza ed è la sua maggiore debolezza: o torna nei ranghi, questo il concetto, oppure andrà  a sbattere. Noi la pensiamo all’opposto.

I problemi di Roma rimangono immensi, dal ciclo virtuoso dei rifiuti ancora tutto da inventare al bilancio da brividi alla mobilità  urbana sempre più vicina al collasso. Per uscirne politicamente vivo e almeno in parte vincitore (diversamente dal signor Kunt, che dopo un po’ di giorni a Roma preferisce scapparsene per tornare su Marte) Ignazio Marino ha un unico, vero, grande alleato: l’extraterrestre che è in lui.

ROBRETO DELLA SETA

FRANCESCO FERRANTE

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