Dopo il referendum: una nuova strategia energetica low carbon per l’Italia.

Le proposte degli Ecologisti Democratici: il documento integrale
                

La predisposizione di un nuovo piano energetico nazionale rappresenta per l’Italia non solo una stringente necessità , ma anche una grande opportunità  di  cambiamento e di modernizzazione, nel segno della sostenibilità  ambientale e della innovazione tecnologica.
E’ una sfida di grande valore strategico, che richiede cultura di governo e visione del futuro. Anche per questa ragione deve costituire uno dei punti fondamentali del progetto con il quale il centrosinistra si candiderà  a governare il paese.
 
 

    

                                                                OBIETTIVI
 2020:
          riduzione del 30% delle emissioni di gas di serra;
          17% dei consumi  finali di energia  da fonti rinnovabili;
           incremento del 20% dell’efficienza energetica.
 2030:
          riduzione del 40% delle emissioni di gas di serra;
           mix energetico per la produzione di elettricità : 50% rinnovabili, 50% fossili;
          30% dei consumi finali di energia  da fonti rinnovabili.
              2050:
                    riduzione dell’80% delle emissioni di gas di serra.
  

    

                                                           STRUMENTI
          incentivazioni adeguate per le fonti rinnovabili elettriche fino al raggiungimento della grid parity, e  adeguamento  della rete elettrica;
          rafforzare i meccanismi di incentivazione per il termico e per l’efficienza energetica;
          implementare un grande piano per l’efficienza energetica;
          ridurre i consumi di petrolio nei trasporti;
          sostenere le azioni degli enti locali;
          realizzazione delle infrastrutture necessarie per il trasporto su ferro e per  il gas (rigassificatori, gasdotti, stoccaggi);
          sperimentazione della Carbon Capture Sequestration

                                                                     

                                                                     

                                                                     

1.      La travolgente vittoria del “sì” nel referendum antinucleare, con una partecipazione così ampia come non si vedeva da oltre 15 anni e circa il 95% dei voti a favore, oltre a sancire un definitivo accantonamento del programma nucleare italiano, sollecita la definizione di una strategia energetica adeguata alle esigenze del nostro Paese, in sintonia con il pronunciamento popolare.
 
Va rapidamente accantonato il vecchio modo di pensare alle problematiche dell’energia che vedeva nella scelta nucleare un nucleo portante, certo estremamente minoritario nella società  italiana, ma presuntuosamente accanito. Questa volta il “sì” referendario ha vinto non solo perché Fukushima ha nuovamente confermato l’insostenibilità  di impianti che possono provocare incidenti catastrofici e non controllabili, ma perché è già  in atto una rivoluzione energetica destinata a cambiare sempre più profondamente il modo stesso di pensare all’energia.  Un cambiamento già  oggi concreto e visibile intorno a noi.
 Questo cambiamento non confonde più il progresso con l’aumento dei consumi di energia: al contrario, punta sul risparmio e sull’efficienza energetica. Non si basa più su pochi (e spesso monopolisti) produttori di energia, ma promuove una larga pluralità  di produttori, reti intelligenti,  consumatori coinvolti nella generazione distribuita. Coglie il peso ormai decisivo dei fattori ambientali nelle scelte energetiche, in particolare la necessità  di far fronte alla minaccia dei cambiamenti climatici. Scartato il nucleare per ragioni di sicurezza e di insostenibilità , sia dal punto di vista economico che della gestione dei rifiuti radioattivi, scommette sulle fonti energetiche rinnovabili. Punta a cogliere appieno le opportunità  che l’economia verde offre, anche nel settore energetico, come exit strategy  dalla crisi economica e da quella climatica, con grandi potenzialità  sia occupazionali che di innovazione tecnologica. Nasce dalla consapevolezza della necessità  di accelerare la transizione dall’era dei combustibili fossili ad un nuovo modello energetico low carbon.
2.      Una nuova politica energetica per l’Italia non può che essere parte della strategia energetica europea. Va pertanto inserita nel contesto degli obiettivi di mitigazione della crisi climatica definiti dall’Unione Europea, fino alla riduzione di almeno l’80 % delle emissioni di gas serra al 2050, un obiettivo che implica quale tappa intermedia una riduzione del 40% al 2030 .  
Come primo passo, tale strategia deve assicurare intanto il raggiungimento degli obiettivi indicati dall’Unione Europea per il 2020: 17%  degli usi finali di energia coperto da fonti rinnovabili e  20% di risparmio  energetico, con una riduzione delle emissioni di gas di serra che, realizzando gli obiettivi precedenti, potrebbe attestarsi intorno al 30%.

Tenendo conto delle recenti indicazioni della Commissione europea, poiché per raggiungere il 10% di rinnovabili nei trasporti è necessario e possibile ricorrere ad elettricità  da fonti rinnovabili e non solo a biocarburanti – da impiegare sia per il trasporto ferroviario che  per  l’avvio della diffusione dell’ auto elettrica –  per realizzare l’obiettivo del 17% da rinnovabili sarà  necessario in realtà  alzare la quota di elettricità  da fonti pulite al di sopra del  30% dei consumi finali al 2020, oltre ad attuare misure adeguate per il calore ed il raffrescamento  da rinnovabili.

Particolare attenzione va rivolta alla necessità  di un adeguato e forte sistema di incentivazione sia per l’energia  termica prodotta da fonti rinnovabili che per l’efficienza energetica.

Il piano nucleare del governo, bocciato dal referendum, prevedeva a regime (nel 2030) il  25% di rinnovabili, il 25% di nucleare e il restante 50% coperto da combustibili fossili.  La nuova strategia energetica nazionale deve riscrivere quel programma, prevedendo il 50% di elettricità  prodotta con fonti rinnovabili e il 50% prodotta da fonti fossili, mettendo in conto altresì che almeno il 30% di tutta l’energia consumata al 2030 sia fornita da fonti rinnovabili. Sono obiettivi molto impegnativi, ma assolutamente fattibili grazie all’innovazione tecnologica, a patto che la politica faccia seriamente la sua parte in termini di regole, incentivi e sostegno alla ricerca.

Per raggiungere l’obiettivo del 50% di elettricità  prodotta con fonti rinnovabili è necessario sviluppare tutte le fonti con incentivazioni adeguate per il periodo necessario. In ogni caso, anche in vista del momento in cui non ci sarà  più bisogno di alcun incentivo (intorno al 2020, e per alcune fonti probabilmente anche prima),  occorre:
 

a) disporre di una rete intelligente, adeguata, con sufficiente capacità  di accumulo, in modo da poter rapidamente allacciare la grande quantità  di piccoli impianti diffusi sul territorio ;
b) disporre di procedure amministrative rapide che non provochino sovracosti rispetto agli altri Paesi europei ;
c) promuovere, anche attraverso un piano “Industria 2020”, filiere produttive nazionali in grado di soddisfare una forte domanda di impianti e tecnologie innovative, oggi troppo dipendente dalle importazioni ;  
d) definire un accordo strategico con le Regioni sugli obiettivi da conseguire e sulla loro articolazione territoriale.
 

3.      Un ruolo importante nella nuova strategia energetica dovrà  essere assegnato ai Comuni e alle Province, chiamandoli a sostenere ed estendere l’esperienza europea dei  programmi di attività  per l’energia  sostenibile (SEAP) a livello locale e del Patto dei Sindaci, che a giugno 2011 coinvolgeva già  1169 comuni italiani (su 2679 adesioni a livello europeo).
 

Un piano di politiche energetiche che punti all’efficienza e alle rinnovabili deve intrecciarsi strettamente con politiche territoriali di rilancio dell’economia e di miglioramento della qualità  ambientale locale: dal settore della mobilità  sostenibile agli acquisti verdi delle pubbliche amministrazioni, dalla diffusione delle rinnovabili  integrate con la riqualificazione energetica di edifici pubblici e privati, fino a tutti i servizi ambientali (ad es. realizzazione di  un ciclo integrato dell’acqua con misure per il risparmio idrico, che contribuiscono  al risparmio energetico; gestione dei rifiuti solidi urbani nel rispetto della gerarchia europea indicata dalla direttiva  2008/98/CE che ha al primo posto la prevenzione della produzione dei rifiuti, poi  il riciclaggio e il riuso, quindi il recupero energetico).
Ai Comuni, che oggi faticano a mantenere gli impegni presi con la sottoscrizione del Patto dei Sindaci (solo 110, meno del 10% del totale, a giugno 2011 avevano presentato, come richiesto dalla UE, il piano di azione per la riduzione delle emissioni di gas serra) andrà  garantito dal Governo nazionale e dalle Regioni il sostegno necessario.
 

Le comunità  locali ed i sistemi economici territoriali devono dunque essere considerati protagonisti essenziali nella costruzione di una nuova strategia energetica, in considerazione del ruolo centrale che i cittadini e le imprese  hanno nei processi legati allo sviluppo  delle energie rinnovabili ed al risparmio energetico. La rivoluzione energetica – se può essere favorita dal mercato e dall’innovazione tecnologica, e sostenuta da adeguate politiche pubbliche – richiede al tempo stesso la più ampia partecipazione dei cittadini, analoga a quella che in Italia li ha visti protagonisti del referendum del 12 giugno.

4.      Al centro di una nuova strategia energetica dell’Italia va posto un incisivo programma di efficienza e di risparmio energetico. Ciò al fine di realizzare gli obiettivi europei previsti   per il 2020 e con ulteriori impegni per  il 2030  per ridurre la dipendenza energetica, abbassare i costi  della  bolletta energetica, tagliare fortemente le emissioni di gas serra, migliorare la competitività  delle imprese e creare migliaia di nuovi posti di lavoro (come  emerge anche da uno studio realizzato di recente dalla stessa Confindustria).

Tale strategia deve riguardare l’elettricità , il calore, i carburanti, e tutti i settori di consumo: gli edifici, i sistemi di riscaldamento e di raffrescamento, le apparecchiature elettriche, l’ illuminazione, i trasporti, la produzione industriale, i servizi. Tutte le misure che si ripagano col risparmio di energia vanno rese obbligatorie, tutti gli standard di efficienza energetica tecnicamente fattibili, sia pure gradualmente, devono diventare obblighi di legge. Occorre rendere obbligatori programmi integrati e con precisi obiettivi supportati da politiche e misure di risparmio e di efficienza energetica, periodicamente verificati e aggiornati, non solo a livello nazionale, ma anche a livello comunale, provinciale, regionale. 
 

Le amministrazioni pubbliche (negli uffici, nelle scuole e nelle università , negli ospedali e nelle altre strutture sanitarie, nei trasporti pubblici, ecc.) sono grandi consumatori di energia. Va promossa la cogenerazione, anche di piccola taglia, nel settore civile ed in quello industriale. Tagliare i consumi energetici delle amministrazioni pubbliche è possibile e vantaggioso, con riduzioni significative delle bollette elettriche e dei costi del riscaldamento, con notevoli risparmi di spesa pubblica. Le pubbliche amministrazioni, a tutti i livelli, devono dare il buon esempio,adottando programmi obbligatori di misure di risparmio e di efficienza energetica.

Occorre inoltre promuove la ricerca, la diffusione di buone pratiche e buone tecniche di risparmio e di efficienza energetica, attivando accordi con università  e centri di ricerca, promuovendo la formazione e la riqualificazione di tutte le figure professionali necessarie, e oggi del tutto insufficienti, per realizzare questa diffusa rivoluzione dell’efficienza e del risparmio energetico.
 

5.      Il petrolio (38,9 % del fabbisogno energetico italiano del 2010) e il gas ( 36,6 % del fabbisogno del 2010) , insieme forniscono il 75,5% del fabbisogno del Paese, mentre il carbone  ha un peso ridotto (7%) .
 

Si può prevedere che petrolio e gas resteranno ancora prevalenti sia al 2020 (36% del gas e 35% del petrolio, per un totale del 71%), sia al 2030 (38% del gas e 28% del petrolio per un totale del 66% del fabbisogno  energetico dell’Italia). In tale contesto l’uso del carbone per produrre elettricità  non deve più crescere – in considerazione delle elevate emissioni di CO2 – salvo che per produzioni per le quali  la CCS (cattura e  sequestro della CO2), applicata a scala industriale, non si dimostri efficace e economicamente sostenibile.  

La disponibilità , la sicurezza dell’approvvigionamento, e i costi di petrolio e di gas avranno ancora un peso rilevante nel sistema energetico italiano sia al 2020 che al 2030.    
Salvo sorprese la domanda di petrolio nel prossimo decennio dovrebbe crescere in modo sostenuto, perché la flessione di quella dei paesi OCSE dovrebbe essere ampiamente compensata dalla forte crescita di quella dei Paesi di nuova industrializzazione (il sorpasso da parte dei Paesi non OCSE è previsto nel 2015). L’offerta di petrolio convenzionale è stagnante e potrebbe raggiungere entro i prossimi  due decenni il picco di produzione, mentre è in crescita quella del greggio non convenzionale più caro.

La previsione quindi è di crescita dei prezzi del petrolio, e dei suoi derivati. Per riequilibrare il mercato occorrerà  ridurre i consumi di petrolio – in particolare nei trasporti – sviluppando carburanti alternativi (in particolare i biocarburanti), ma anche   l’ impiego di elettricità  e l’uso del gas e del  biogas purificato nei trasporti.  

Nel mercato  mondiale del gas è in corso una vera rivoluzione. L’estrazione del gas non convenzionale ha portato al raddoppio delle riserve mondiali e a una nuova distribuzione della risorsa. I prezzi del gas negli Stati Uniti negli ultimi due anni sono scesi da 13 a 4-5 dollari/mil.Btu  ed è prevista una stabilizzazione nel prossimo decennio ad un prezzo basso, intorno ai 5-6 dollari. I prezzi medi europei del gas restano invece circa doppi, intorno ai 10 dollari/mil.Btu (i contratti a lungo termine hanno prezzi ancora ancorati al petrolio). La domanda mondiale di gas è in crescita, ma lo è ancora di più  l’offerta: l’aumento delle disponibilità  di gas non convenzionale negli Stati Uniti, in Australia, in Cina e India riversa una  maggiore  disponibilità   di gas anche in Europa.

I prezzi del gas non dovrebbero aumentare, anzi nei prossimi anni potrebbero  diminuire  anche in Europa. Ma per cogliere i vantaggi della svolta in atto nel mercato del gas occorre completare il processo di liberalizzazione del mercato italiano e realizzare tutte le infrastrutture necessarie. Nonostante la realizzazione di alcuni potenziamenti dei gasdotti di importazione e l’entrata in servizio del rigassificatore di Rovigo, la dotazione infrastrutturale (rigassificatori, gasdotti, stoccaggi) del nostro Paese rimane insufficiente.
 

Una nuova strategia energetica – nella transizione verso un modello basato prevalentemente sulle rinnovabili – deve dunque prevedere la realizzazione di nuovi rigassificatori, la possibilità  di sperimentare concretamente la CCS, e lo sviluppo di nuova capacità  di stoccaggio (la modulazione stagionale consentirebbe infatti di “spostare” quantitativi di gas naturale dal periodo estivo al successivo periodo invernale ed avrebbe  effetti simili alla realizzazione di nuovi gasdotti, consentendo di fatto un incremento del livello di concorrenza).
                                                                                                                                                                         

“Una rivoluzione energetica low carbon per l’Italia”

Le proposte Ecodem: efficienza, rinnovabili, gas, “tre pilastri per il futuro”

“Incremento del 20 per cento dell’efficienza energetica entro il 2020. Il 50 per cento dell’energia elettrica da rinnovabili entro il 2030. Una riduzione dell’80 per cento delle emissioni di gas serra entro il 2050”: sono questi alcuni degli obiettivi che secondo gli Ecologisti Democratici l’Italia può raggiungere con una nuova strategia energetica “low carbon”, puntando anzitutto sull’efficienza energetica e sulle rinnovabili: “una rivoluzione nel segno della sostenibilità  ambientale e dell’innovazione tecnologica, in grado di dare un formidabile impulso all’economia italiana”.

“Dopo il referendum – dichiara Fabrizio Vigni, presidente nazionale Ecodem – serve un nuovo piano energetico nazionale. Per l’Italia è una grande opportunità  di cambiamento e modernizzazione. Una sfida di valore strategico, in sintonia con gli obiettivi dell’Europa su clima e energia, che richiede cultura di governo e visione del futuro. Deve essere uno dei punti fondamentali del programma con il quale il centrosinistra si candiderà  a governare”.

Le proposte degli Ecologisti democratici poggiano su tre pilastri. Anzitutto, le fonti rinnovabili: se il piano del governo, bocciato dal referendum, prevedeva a regime il 25 per cento di nucleare, il 25 per cento di rinnovabili e il 50 per cento da combustibili fossili, una nuova strategia energetica deve prevedere che nel 2030 il 50 per cento dell’elettricità  (e almeno il 30 per cento di tutta l’energia consumata) sia fornita da fonti rinnovabili. Un obiettivo ambizioso, ma possibile, se la politica fa la sua parte in termini di regole, incentivi, sostegno alla ricerca, e puntando su reti intelligenti, procedure amministrative rapide, filiere industriali “made in Italy” per tecnologie innovative, coinvolgimento delle Regioni e dei Comuni.

Il secondo pilastro si chiama efficienza energetica. L’Italia deve sviluppare un grande piano per il risparmio e l’efficienza energetica in tutti i settori (edifici, sistemi di riscaldamento e raffrescamento, trasporti, illuminazione, servizi, produzioni industriali, apparecchiature elettriche) per ridurre la dipendenza energetica, abbassare i costi della bolletta energetica, tagliare le emissioni di gas serra, migliorare la competitività  delle imprese e creare nuovi posti di lavoro. “Per questo – propongono gli Ecodem – serve un  forte sistema di incentivazione per l’efficienza energetica, oltre che per l’energia termica prodotta da fonti rinnovabili”.

Il terzo pilastro di una strategia per la fase di transizione verso un modello energetico sempre più “low carbon” è nel ruolo centrale del gas, che nel 2030 potrebbe coprire il 38 per cento del fabbisogno nazionale. Mentre per quanto riguarda il petrolio tutto lascia prevedere una crescita dei prezzi e dunque, anche per questa ragione, bisogna ridurne i consumi (e l’uso del carbone non deve crescere viste le elevate emissioni di gas serra, a meno che i sistemi di cattura e sequestro di Co2 non si dimostrino efficaci e sostenibili); nel mercato mondiale del gas è poi in atto una vera

rivoluzione che può portare ad una riduzione dei prezzi. “Per cogliere questa svolta – rimarcano gli Ecodem – l’Italia ha bisogno di una maggiore apertura del mercato e di realizzare le infrastrutture necessarie, a partire dai rigassificatori”.

Sarà  proprio il tema dell’energia ad aprire domani, sabato 30 luglio, la festa nazionale degli Ecologisti Democratici che si svolge quest’anno a San Gimignano (Siena). “Le scelte energetiche di un paese – sottolinea il senatore Ecodem Francesco Ferrante che sarà  uno dei protagonisti del dibattito – sono la base su cui organizzare l’uscita dalla crisi e il rilancio dell’economia, specialmente in un paese come l’Italia ad alta vocazione manifatturiera. Per questo c’è urgente bisogno di un piano energetico. Il nostro è un contributo, il più ‘europeo’, a un dibattito che dovrebbe coinvolgere tutte le parti sociali, uscendo da luoghi comuni e scegliendo strade di cambiamento radicale e praticabile”.

SCHEMA RIASSUNTIVO

OBIETTIVI

 2020:

          riduzione del 30% delle emissioni di gas di serra;

          17% dei consumi  finali di energia  da fonti rinnovabili;

           incremento del 20% dell’efficienza energetica.

 2030:

          riduzione del 40% delle emissioni di gas di serra;

           mix energetico per la produzione di elettricità : 50% rinnovabili, 50% fossili;

          30% dei consumi finali di energia  da fonti rinnovabili.

2050:

          riduzione dell’80% delle emissioni di gas di serra.

STRUMENTI

          incentivazioni adeguate per le fonti rinnovabili elettriche fino al raggiungimento della grid parity; adeguamento  della rete elettrica;

          rafforzare i meccanismi di incentivazione per il termico e per l’efficienza energetica;

          implementare un grande piano per l’efficienza energetica;

          ridurre i consumi di petrolio nei trasporti;

          sostenere le azioni degli enti locali;

          realizzazione delle infrastrutture necessarie per il trasporto su ferro e per  il gas (rigassificatori, gasdotti, stoccaggi);

          sperimentazione della Carbon Capture Sequestration

 

Scuola: tutelare le classi dei Comuni montani, l’Umbria non va svuotata

“Il Governo ha peggiorato la qualità  della scuola italiana e della sua didattica in tutto il Paese con la politica insensata dei tagli lineari.
A farne le spese maggiori sono regioni come l’Umbria e i suoi numerosi centri montani,  che a causa degli accorpamenti rischiano di vedere svuotate le classi di tanti piccoli comuni.
E’ di fondamentale importanza tenere in vita  le scuole nelle aree montane, per evitare l’altrimenti inesorabile svuotamento dei paesi, che porterebbe alla perdita di identità  culturale del territorio umbro.”
Lo dichiara il senatore del Pd Francesco Ferrante, che ha presentato un’interrogazione parlamentare per chiedere l’istituzione di un tavolo nazionale che comprenda la Conferenza Stato-Regioni, gli enti regionali e locali per elaborare una strategia che valorizzi la scuola di montagna e che individui le risorse necessarie per sostenere le comunità  delle zone montane.
Il ministro Gelmini – continua Ferrante – nel rispondere alla mia precedente interrogazione sulle scuole dei comuni montani aveva assicurato che non sarebbe stato soppresso nessun plesso scolastico, mentre in realtà  ciò è avvenuto, in Umbria come nel resto del Paese.
Il rischio enorme di questa  ‘riforma’  è non solo l’indebolimento  della formazione delle nuove generazioni, ma anche il fatto che si mette  a repentaglio l’esistenza stessa del tessuto sociale e economico dell’Umbria, perché svuotare le classi dei piccoli comuni montani, la maggioranza dei paesi umbri,  significa nel medio e lungo periodo portare ad una desertificazione dei territori e ad uno spostamento forzato verso i centri più grandi.”
“I piccoli comuni, e di conseguenza le loro scuole,  sono un patrimonio fondamentale del nostro Paese e l’Umbria ne è il testimonial per eccellenza, ma perché continuino a essere l’anima viva dell’Italia – conclude Ferrante –  occorre difenderli dalle scelte di un Governo che li vuole relegare ad avamposti di frontiera destinati a svuotarsi.”

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