“Nel quadro delle morti in carcere che si susseguono e che spesso rimangono senza spiegazione, è particolarmente drammatica e inconcepibile la notizia della morte di Uzoma Emeka, testimone chiave del pestaggio di un altro detenuto nel penitenziario di Castrogno a Teramo, emerso grazie a una registrazione resa nota dal sito di Repubblica. Chiedo al ministro Alfano di aprire al più presto un’indagine nel penitenziario per agevolare l’inchiesta della Procura di Teramo”. Lo dice il senatore del Pd Francesco Ferrante, che sulla vicenda della morte del detenuto nigeriano nel carcere di teramo ha presentato un’interrogazione parlamentare rivolta al ministro della Giustizia.
Nell’interrogazione, il senatore Ferrante riporta i dati delle associazioni per i diritti dei detenuti “Ristretti Orizzonti” e “Antigone”, secondo le quali “il numero de detenuti cresce di 1000 al mese, con un trend che porterà presto la popolazione carceraria a 70 mila detenuti, mentre nella metà del 2012 potrebbe toccare le 100 mila unità . Quasi il 65 per cento di tutti i detenuti ha un residuo di pena inferiore ai 3 anni. Nel 2008, a fronte di 121 decessi complessivi, i suicidi sono stati 42”. “Si tratta – spiega Ferrante – di dati drammatici, nel contesto dei quali si colloca anche la notizia sopraggiunta oggi. La morte di Uzoma Emeka assume toni ancora più misteriosi e drammatici perché si tratta del famoso ‘negro che aveva visto tutto’, testimone di un pestaggio in carcere la cui registrazione finita su Internet aveva fatto scoppiare un caso che aveva portato a novembre alla sospensione del comandante delle guardie penitenziarie del carcere di Castrogno a Teramo. Per questo – conclude Ferrante- chiediamo con urgenza al ministro Alfano, oltre che di aprire un’indagine, di riferire al più presto in Senato sulla consistenza del drammatico fenomeno delle morti nelle prigioni. Riteniamo inoltre urgente stanziare fondi adeguati per migliorare le condizioni di vita sia delle guardie carcerarie che dei detenuti e infine vogliamo sapere dove e quando saranno realizzati i nuovi penitenziari previsti dal cosiddetto ‘Piano carceri'”.
A Copenhagen un accordo-flop
COME MONACO NEL 1938? FALLIMENTO DELL’ONU INDISCUTIBILE,
MA LA LOTTA SUL CLIMA NON FINISCE IN DANIMARCA
“Qualcuno nella notte di venerdi’ a Copenhagen ha paragonato il mini-accordo che ha concluso la Conferenza sul clima al patto di Monaco del 1938, che per l’inanità di Francia e Inghilterra spianò la strada al nazismo. Commento amaro e in parte realistico, ma la lotta sul clima non finisce in Danimarca: bisogna ripartire subito dai passi avanti comunque compiuti e dalla posizione dell’Europa, che si e’ confermata battistrada nell’impegno per fermare il global warming”. Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, parlamentari del Pd presenti a Copenhagen, hanno commentato cosi’ l’esito della conferenza sul clima. “Il documento finale – hanno detto i due esponenti democratici – e’ largamente al di sotto delle attese e delle necessita’. La scienza continua ad ammonire che bisogna agire subito, mentre nell’accordo non c’e’ nessun obiettivo condiviso di riduzione delle emissioni, né al 2020 né al 2050, nessuna scadenza per la firma di un vero trattato, nessuna forma di controllo internazionale sulle azioni e i risultati dei singoli Paesi. Anche per il modo nel quale è maturato, queso atto finale è deludente e segna un fallimento dell’Onu, che ha gestito in modo pessimo la conferenza a partire dalla scelta inaccettabile di espellere dai lavori le Ong e ha confermato la sua crisi e con essa l’urgenza di una riforma radicale del suo statuto e delle sue modalità di lavoro”.
Per Della Seta e Ferrante, pero’, “il bicchiere di Copenhagen non è completamente vuoto. Per la prima volta tutti i Paesi del mondo hanno accettato il principio di impegnarsi in un quadro multilaterale per diminuire, seppure su base volontaria, le proprie emissioni dannose per il clima. E per la prima volta un presidente degli Stati Uniti ha messo nero su bianco in una sede internazionale la volontà di partecipare a questo sforzo, la scelta di farlo anche a prescindere dal raggiungimento di un accordo globale, la convinzione che la lotta ai cambiamenti climatici è oggi condizione irrinunciabile per lo sviluppo. Da qui bisogna ripartire, ed e’ incoraggiante il ‘rilancio’ subito annunciato da Sarkozy e dalla Merkel per una nuova Conferenza a Bonn nel giugno prossimo”.
Copenhaghen: accordo irrilevante, ora subito una ripartenza
ACCORDO POLITICAMENTE IRRILEVANTE. L’EUROPA UNICO SOGGETTO ALL’ALTEZZA DELLA SFIDA CLIMATICA, ORA SUBITO UNA RIPARTENZA
“L’accordo che ha chiuso la Conferenza di Copenhagen e’ politicamente irrilevante: non fissa obiettivi di riduzione delle emissioni, non fissa termini per siglare un vero trattato, non definisce alcun criterio sostanziale per verificare le azioni e i risultati dei singoli Paesi. Piu’ che una tappa nella lotta al global warming, la conferenza danese segna una battuta d’arresto su tale cammino. Ma un accordo vincolante per tutti resta una necessita’ ineludibile, come ha dovuto ammettere lo stesso presidente Obama, e favorire le condizioni per questa svolta dev’essere da oggi la missione di tutti coloro per i quali stabilizzare il clima significa assicurare lo sviluppo e il benessere futuri dell’umanita’. Per questo traguardo non si parte da zero: ci sono novita’ inedite, come la disponibilita’ degli Usa e della stessa Cina a ragionare di tagli alla CO2, e c’e’ la conferma del ruolo dell’Europa come alfiere dell’impegno sul clima, che vede unite destra e sinistra con l’unica, desolante eccezione del centrodestra italiano”.