Controdeduzioni sul Superbonus. Perché per noi è stato un successo

pubblicato su huffingtonpost.it

Contrariamente a ciò che hanno detto Draghi e Franco, tra tutti gli incentivi edilizi è quello concepito nel modo più rigoroso. La “truffa del secolo” vale poco più di 100 milioni.

Draghi sul superbonus sbaglia. Il suo è uno sbaglio grave perché a commetterlo è lui che deve il suo meritato prestigio anche all’abilità di padroneggiare i numeri, i dati, e perché questo prestigio finisce quasi inevitabilmente per trascinare nell’errore giornalisti e commentatori autorevoli.

Vediamoli i numeri. Draghi e il fedele ministro Franco hanno detto che la “norma scritta male“ (immaginiamo da chi nel Governo Conte 2 la propose per primo, l’allora ministro Cinquestelle Riccardo Fraccaro) ha avuto come conseguenza “una delle truffe più grandi della storia della Repubblica“ (cit. Franco) con frodi per oltre 4 miliardi, di cui 2,3 milardi gia oggetto di sequestro.

Peccato che poche ore prima di queste dichiarazioni, il direttore dell’Agenzia delle Entrate Ruffini in audizione al Senato (proprio sul provveddimento cosidetto “Sostegni Ter” che come diremo più avanti già comprometterebbe l’efficacia del Superbonus) aveva fornito i dettagli delle truffe legate agli sconti fiscali per le ristrutturazioni edilizie. Eccoli i numeri veri: oltre 2 milardi di frodi (il 46%) collegati al bonus facciate (quella sì una misura inutile ed esposta a ogni rischio di truffa), 1,5 miliardi (il 34%) al vecchio ecobonus del 65%, 40 milioni al bonus locazioni, 350 milioni al sisma bonus e 132 milioni – sì: 132 milioni, il 3% del totale – al “famigerato” superbonus!

Queste cifre non sono sorprendenti, perché proprio il Superbonus, contrariamente a ciò che hanno detto Draghi e Franco, tra tutti gli incentivi edilizi è quello concepito nel modo più rigoroso, prevedendo un sistema di asseverazioni di professionisti che rende assai difficili le frodi che si basano soprattutto su “cantieri fantasma”. Per saperlo, anche prima di ascoltare Ruffini, bastava leggere con attenzione la norma e avere un po’ di conoscenza del settore edile.

Dunque la “truffa del secolo” vale poco più di 100 milioni. Verrebbe da ridere se questa assurda campagna non mettesse a rischio centinaia di imprese e migliaia di posti di lavoro.

Il problema vero che sta dietro a questo trionfo di fake-news si chiama “Mef”, il Ministero dell’Economia e delle Finanze programmaticamente contrario al Superbonus perché si è sempre rifiutato di riconoscerne i vantaggi sul versante delle entrate pubbliche: cioè il gettito fiscale generato dall’incentivo e puntualmente misurato dall’Ufficio studi della Camera, da cui si capisce bene che il superbonus è una misura “win-win” che dà sostegno a un importante settore economico e al tempo stesso non è onerosa per lo Stato. Invece al Mef considerano solo le uscite: così prima hanno cercato di tagliare lo sconto fiscale con la legge di bilancio ma sono stati respinti in Parlamento (che per una volta ha fatto il suo mestiere ascoltando le istanze che venivano dalla società reale), ora con il “Sostegni Ter” e con la norma che riduce a un solo passaggio la cessione del credito provano a mettere in difficolta l’intero meccanismo; anche in questo caso il Parlamento sembra deciso a metterci un’utile pezza: riducendo la possibilita di cessione del credito solo a soggetti vigilati da Bankitalia, esattamente come proposto dal Coordinamento Free che riunisce le associazioni di imprese attive su rinnovabili ed efficienza energetica. Ma l’attacco al superbonus non si ferma: sull’onda dell’insensata “fatwa” lanciata dal presidente del Consiglio, il ministro Cingolani pare intenzionato a emanare un decreto ministeriale, dunque un provvedimento che non deve superare il vaglio del Parlamento, fissando per i lavori ammessi al superbonus massimali di prezzo talmente bassi da azzerare di fatto l’uso dell’incentivo.

Il Superbonus si è rivelato finora uno strumento prezioso di politica industriale (nonostante ciò che dice oggi il ministro Giorgetti al Corriere della Sera in una stupefacente intervista che sembra fatta nel millennio scorso). Da una parte ha dato ossigeno a un settore in crisi da anni (sorprendente Draghi quando ha negato che l’edilizia fosse in crisi, forse i 600mila posti di lavoro persi in 10 anni in quel settore ce li siamo sognati? Ancora i numeri!), dall’altra ne ha favorito una virtuosa riconversione dalle nuove costruzioni che consumano suolo alle ristrutturazioni del patrimonio edilizio esistente per migliorarne il rendimento energetico e la sicurezza antisismica. A oggi il “110%” ha consentito l’apertura di oltre 100mila cantieri (veri) per un valore di 18 miliardi di euro, la creazione di 130mila posti di lavoro, un salto di più di due classi energetiche in decine di migliaia di condomìni (che significa meno consumi di energia e meno emissioni inquinanti e climalteranti). È una misura, ripetiamo, “win-win”: vince lo Stato, vince l’impresa, vince il lavoro, vince l’ambiente. Il nostro governo dovrebbe promuoverla in giro per l’Europa come esempio di “buona politica”, i media dovrebbero raccontare la verità sui suoi costi e benefici. Oggi purtroppo sta succedendo il contrario.

ROBERTO DELLA SETA

FRANCESCO FERRANTE

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