Dieci proposte per uscire dalla crisi

Documento ecodem – 13 gennaio 2012

In che modo si può uscire dalla crisi? Come si fa ripartire l’economia e si crea lavoro? C’è chi pensa che, passata la nottata, prima o poi tutto potrà  ricominciare come prima. Non è così. La rotta giusta per uscire dalla crisi, in Europa e nel mondo, è nella crescita di una nuova economia ecologica per uno sviluppo sostenibile. Un new deal ecologico che cammina su due gambe: la rivoluzione industriale e tecnologica legata alla green economy, e un cambiamento culturale verso una nuova idea di benessere e diversi stili di vita.

In questa sfida, un paese come l’Italia ha la possibilità  di innestare la modernizzazione ecologica del sistema industriale e manifatturiero su un patrimonio straordinario di civiltà , bellezza, creatività , e sulle vocazioni di territori ad alta qualità  ambientale. Una via italiana alla green economy, che potrà  tanto più svilupparsi quanto più sarà  sostenuta da efficaci politiche industriali, fiscali, ambientali.

L’economia verde è dunque uno dei pilastri fondamentali per la ricostruzione dell’Italia. Le nostre proposte vogliono essere di stimolo all’attuale governo – per le misure più immediate da adottare nella cosiddetta “fase due” per il rilancio dell’economia – ed al tempo stesso obiettivi da mettere al centro di un programma di più lungo periodo per la prossima legislatura. Dieci proposte concrete che insieme fanno anche un’idea di futuro.

1. MODERNIZZAZIONE ECOLOGICA DELL’INDUSTRIA ITALIANA. E’ una scommessa decisiva per dare alla nostra industria manifatturiera (la seconda in Europa) un ruolo nella nuova rivoluzione industriale dell’economia verde.
Proponiamo di rilanciare il progetto di politica industriale intrapreso con “Industria 2015” (avviato nel 2006 per rilanciare l’innovazione industriale puntando in particolare su efficienza energetica, made in italy, mobilità  sostenibile, e successivamente svuotato dal governo Berlusconi) con un nuovo programma “Industria 2020”, imperniato su politiche di sostegno alla ricerca ed alla innovazione finalizzate allo sviluppo della green economy nei principali settori manifatturieri (tecnologie e materiali per l’efficienza energetica e la produzione di energia da fonti rinnovabili; industria dell’auto e mobilità  sostenibile; nuovi materiali e chimica “verde”; filiere industriali connesse al riciclo ed all’utilizzo efficiente delle materie prime; eco design, ecc.).
Si tratta di sviluppare politiche industriali che, favorendo l’innovazione sia di processo che di prodotto, orientino l’industria manifatturiera italiana verso l’innovazione ecologica, la qualità  ambientale, l’uso efficiente dell’energia e delle materie.
Un esempio di attualità  è quello connesso alla “rivoluzione” degli shopper: il divieto di commercializzazione e produzione di sacchetti di plastica non biodegradabili – un nostro successo che ha aperto la strada a nuovi prodotto più ecosostenibili – va ora completato con una norma che dia una corretta definizione di “biodegradabile e compostabile”, una norma promessa dal governo Monti ma misteriosamente sparita dal decreto “milleproroghe”, che ci impegniamo a ripresentare in Parlamento.
Sull’obiettivo di una modernizzazione ecologica del sistema industriale vanno concentrate le risorse disponibili, a partire da quelle del Fondo rotativo per Kyoto e da quelle che verranno dalla quota sui diritti di emissione di C02, anche riformando il sistema dei sussidi alle imprese oggi spesso erogati senza adeguati criteri selettivi.
E’ necessario anche sviluppare accordi di programma tra distretti produttivi, poli scientifici e tecnologici, Università  e centri di ricerca (a partire dall’ENEA), accordi volontari con le imprese, sistemi di certificazione.

2. FISCALITA’ ECOLOGICA. Vogliamo un sistema fiscale più giusto – che promuova una maggiore equità , combatta l’evasione e favorisca il lavoro e la produzione rispetto alla rendita – ma anche al tempo stesso capace di orientare l’economia verso l’innovazione ecologica.
Per questo proponiamo una riforma in senso ecologico del sistema fiscale che, a parità  di gettito, alleggerisca la pressione sul lavoro e sull’impresa spostando il carico verso i consumi di energia e di materie prime, incentivi produzioni e consumi ambientalmente virtuosi disincentivando quelli più inquinanti. La leva della fiscalità  ecologica – quanto più possibile coordinata su scala europea ed in linea con gli obiettivi della strategia Europa 2020 – può dare un contributo importante ad un rilancio “verde” dell’economia.
Questa strategia deve ispirare anche i provvedimenti più immediati del Governo e del Parlamento, a cominciare dalla attuazione della legge delega di riforma del sistema tributario (correggendo una negativa carenza della delega).
Proponiamo inoltre in particolare:
a) l’incentivazione di produzioni che utilizzano materie prime seconde, sviluppando la filiera del riciclo; l’Italia, paese povero di materie prime, può divenire uno dei leader mondiali nell’uso efficiente delle risorse e del riciclo, sostenendo con il sostegno della leva fiscale il mercato dei prodotti riciclati;
b) una riforma della fiscalità  urbanistica capace di rovesciare la logica perversa che oggi induce molti Comuni, anche a causa delle ristrettezze finanziarie, ad incrementare il consumo di suolo, premiando al contrario la riqualificazione delle città  e del patrimonio edilizio esistente;
c) l’utilizzo della carbon tax, possibilmente in maniera coordinata sul piano europeo, per favorire la costruzione di una economia “low carbon”.

3. MADE IN ITALY, AGRICOLTURA, TURISMO, PARCHI: LA SFIDA DELLA QUALITA’. Lo sviluppo dell’economia verde può avere in Italia una declinazione originale e con grandi potenzialità . Se è vero che la sfida della qualità  è decisiva per la competitività  delle imprese e dei sistemi territoriali, la carta vincente per l’Italia – come già  dimostrano esperienze di successo cresciute in questi anni – sta nella capacità  di incrociare la modernizzazione ecologica del sistema manifatturiero con la valorizzazione delle vocazioni e dei tradizionali punti di forza del nostro paese, con quel saper fare “le cose belle che piacciono al mondo” che costituisce un tratto distintivo della nostra stessa identità  nazionale.
Servono perciò politiche per tutelare il patrimonio ambientale, storico, paesistico; promuovere nel mondo il made in Italy, difendendolo da imitazioni e contraffazioni; sviluppare il turismo di qualità ; sviluppare le produzioni agroalimentari legate al territorio e le produzioni biologiche; valorizzare il sistema dei parchi e tutelare la biodiversità .

4. CLIMA ED ENERGIA: L’ITALIA PROTAGONISTA. Dopo gli anni dei governi di centrodestra, che hanno visto l’Italia schierata su posizioni di retroguardia, ora, dopo la Conferenza di Durban, il nostro paese deve tornare ad essere in prima linea nella costruzione di un nuovo accordo globale per il clima entro il 2015 e nella attuazione del c.d. “Kyoto 2”, a cominciare dalla assunzione dell’obiettivo su scala europea di una riduzione del 30% delle emissioni entro il 2020.
L’Italia deve giocare un ruolo di protagonista anche nella rivoluzione energetica, che può rappresentare per il nostro paese un volano per l’occupazione e la green economy, ed al tempo stesso una garanzia di indipendenza e di sicurezza. Solo con un nuovo modello energetico potremo rendere il nostro sistema sicuro, competitivo, sostenibile.
Dopo il referendum che ha sancito il definitivo abbandono del nucleare è più che mai urgente dotare il nostro paese di una nuova strategia energetica. Gli scenari di lungo periodo dipendono anche da decisioni che devono essere assunte nei prossimi mesi. L’Italia, come dimostrano i risultati raggiunti nel giro di pochi anni nello sviluppo delle rinnovabili – ad esempio nel fotovoltaico – può ancora collocarsi tra i leader mondiali delle energie rinnovabili: occorre però muoversi in fretta. Per questo va convocata una Conferenza nazionale sull’energia.
L’Italia, in sintonia con gli obiettivi comunitari al 2020 e con la Roadmap 2050 della Commissione Europea, deve puntare su una strategia di efficienza energetica e sullo sviluppo delle rinnovabili, per arrivare a produrre entro il 2030 almeno il 50% dell’elettricità  da fonti rinnovabili ed a ridurre dell’80% le emissioni di gas serra entro il 2050. A tal fine bisogna garantire un sistema certo e adeguato di incentivi fino al raggiungimento della grid parity, adeguare la rete elettrica (smart grid e sistemi di accumulo), rafforzare gli incentivi per l’energia termica da rinnovabili e per l’efficienza energetica.
Una nuova strategia energetica deve prevedere inoltre una riduzione progressiva dei consumi di petrolio e il rafforzamento al ruolo essenziale del gas, completando i processi di liberalizzazione e realizzando le infrastrutture necessarie (rigassificatori, gasdotti, stoccaggi); deve escludere un incremento dell’uso del carbone, sviluppando al contempo la sperimentazione delle tecniche di cattura della CO2.
Proponiamo di:
a) emanare rapidamente i decreti attuativi ancora mancanti per le rinnovabili (energia elettrica e termica) in modo da garantire un quadro certo di incentivazioni;
b) responsabilizzare le Regioni per il raggiungimento degli obiettivi territoriali (“burden sharing”) per le rinnovabili;
c) avviare un programma per l’efficienza ed il risparmio di energia in tutti i settori (industria, servizi, edilizia, trasporti) in grado di ridurre i costi delle bollette e le emissioni di gas serra, di migliorare la competitività  delle imprese e creare nuovi posti di lavoro;
d) rendere permanenti le detrazioni fiscali (55%) per la riqualificazione energetica degli edifici privati, ridefinendo se necessario le tipologie degli interventi ma mantenendo in ogni caso un livello di incentivazione più vantaggioso rispetto alla semplice ristrutturazione edilizia (36%);
e) avviare piani straordinari – nazionali e locali – per la riqualificazione energetica degli edifici pubblici (scuole, ospedali, uffici) e per il patrimonio di edilizia residenziale pubblica, nonchè per la messa in sicurezza antisismica, con l’istituzione di un Fondo di rotazione per l’efficienza energetica.
f) anticipare negli strumenti urbanistici dei Comuni l’attuazione degli obiettivi previsti dalla nuova direttiva europea sugli standard energetici delle nuove costruzioni (verso edifici a consumo “zero o quasi zero”)
g) semplificare le modalità  autorizzative per gli impianti di energia rinnovabile, garantendo tempi certi per la loro realizzazione ed un corretto inserimento nel territorio.

5. OPERE PUBBLICHE: PRIORITA’ LA DIFESA DEL SUOLO. Nell’Italia delle frane e delle alluvioni, con oltre 5 milioni di persone in pericolo, la più grande opera pubblica oggi necessaria non può che essere l’insieme di interventi che riguarda la difesa del suolo, la prevenzione del dissesto idrogeologico, la manutenzione del territorio.
Proponiamo in particolare di:
a) ripristinare quanto più possibile, dopo i drammatici tagli degli ultimi anni, i finanziamenti per la difesa del suolo, destinando comunque a tale obiettivo almeno 1/3 dei fondi Cipe, nonché di rinunciare all’acquisto di 131 cacciabombardieri F35 utilizzando una parte di queste risorse per la sicurezza del territorio;
b) consentire agli enti locali la deroga al patto di stabilità  per gli investimenti in questo settore;
c) adottare un piano di adattamento ai cambiamenti climatici, considerando che a fronte di eventi meteorologici sempre più intensi occorre anche un aggiornamento della mappa della vulnerabilità  del territorio;
d) potenziare il ruolo dell’agricoltura nelle funzioni di tutela del territorio;
e)semplificare e riordinare le competenze istituzionali, oggi farraginose e confuse;
f) intensificare la lotta all’abusivismo edilizio, frenare il consumo di suolo, delocalizzare gli insediamenti a maggior rischio.
Più in generale, se vogliamo che gli investimenti sulle opere pubbliche producano benefici rapidi per l’economia bisogna concentrarsi anzitutto su migliaia di piccole e medie opere, aprendo subito i cantieri per la manutenzione di scuole, ferrovie e strade, per la riqualificazione delle città , per completare i sistemi di depurazione delle acque e di trattamento dei rifiuti.
Per quanto riguarda le grandi infrastrutture di trasporto, dopo la stagione dei roboanti annunci sulle grandi opere ed il fallimento della legge obiettivo, a maggior ragione in una stagione di risorse pubbliche scarse, bisogna cancellare definitivamente dalla programmazione opere sbagliate come il Ponte sullo Stretto, rivedere le priorità  puntando anzitutto sul trasporto su ferro e via mare, ricondurre ogni scelta infrastrutturale dentro una coerente politica di modernizzazione ecologica del sistema dei trasporti e di riequilibrio modale.

6. SERVIZI PUBBLICI LOCALI. Il sistema dei servizi pubblici locali rappresenta un settore fondamentale per la green economy, considerando le attività  già  in essere – dall’energia ai rifiuti, dai trasporti all’acqua – e quelle che potranno essere intraprese.

Sono servizi che richiedono al tempo stesso salvaguardia dell’interesse pubblico e efficiente gestione industriale. Devono essere accompagnati – questo è un aspetto particolarmente importante in funzione del rilancio dell’economia – da investimenti per la realizzazione di impianti ed infrastrutture (dalle reti per il gas e l’elettricità  agli impianti per il trattamento dei rifiuti, dagli acquedotti ai depuratori), anche con modalità  innovative di finanziamento.

Il servizio idrico ha una sua specificità . L’acqua è un bene comune essenziale: questo principio, a maggior ragione dopo il referendum, non può essere messo in discussione. Al tentativo del precedente governo di imporre privatizzazioni forzate abbiamo contrapposto la necessità  di una più forte capacità  pubblica di programmazione, regolazione e controllo, in modo che la gestione del servizio garantisca il diritto all’acqua, la tutela delle risorse idriche, la realizzazione degli investimenti necessari per realizzare depuratori, fognature, acquedotti.

Ma anche per gli altri servizi pubblici locali, interessati da processi di liberalizzazione, è necessario – senza scordare mai peraltro la sostanziale differenza tra liberalizzazioni e privatizzazioni – garantire che la concorrenza per l’affidamento del servizio avvenga sempre in un quadro di efficace regolazione pubblica e di promozione della qualità  ambientale del servizio.

Per i rifiuti, in particolare, non c’è da andare alla ricerca di bacchette magiche, o perdersi in discussioni ideologiche, c’è solo da fare, in ogni parte d’Italia, una buona ed efficace politica, la stessa indicata dalle direttive europee. Primo: ridurli, con misure di prevenzione. Secondo: riutilizzarli e riciclarli, per anticipare quanto più possibile il raggiungimento dell’obiettivo europeo di avvio al riciclo di almeno il 50% dei rifiuti urbani. Terzo: il recupero di energia. Infine, ma solo per la minima parte residua, lo smaltimento in discarica.

7. MOBILITA’ SOSTENIBILE, CITTA’ ECOLOGICHE ED INTELLIGENTI. Nel campo della mobilità  c’è moltissimo da fare, e ritardi enormi da recuperare. I provvedimenti del governo Berlusconi avevano addirittura quasi azzerato i finanziamenti per il trasporto pubblico locale, abbattendoli da 1800 a 400 milioni.
Il recente accordo tra il governo Monti e le Regioni ha consentito di recuperare almeno una parte delle risorse tagliate, in particolare per il servizio ferroviario locale. Questo è già  un primo risultato, che può e deve essere ancora migliorato. La situazione rimane tuttavia in ogni caso drammaticamente al di sotto delle necessità .
Investire nella realizzazione di sistemi di mobilità  sostenibile – ferrovie locali, tramvie e metropolitane, treni per i pendolari, autobus a basso impatto ambientale, sostegno alla ricerca ed alla innovazione dell’industria automobilistica, passaggio delle merci dalla gomma alla ferrovia ed al cabotaggio, trasporto fluviale – è una priorità  per la modernizzazione del paese. Può costituire, al tempo stesso, una scelta importante per il rilancio dell’economia.
Più in generale, la sfida dell’economia verde e della sostenibilità  ambientale si gioca in modo particolare nelle città , grandi e piccole. Dall’efficienza energetica alla mobilità  sostenibile, dalle smart grid alle azioni per il clima, gran parte delle azioni da sviluppare per la sostenibilità  ambientale hanno il loro epicentro nelle realtà  urbane e nelle comunità  locali.
Lo sviluppo stesso della green economy dipende non solo dalle politiche nazionali, ma anche dalla capacità  dei sistemi economici locali di sostenere la ricerca, l’innovazione, gli investimenti. Ciò assegna agli Enti Locali ed alle Regioni un ruolo essenziale.
E’ necessaria dunque una nuova stagione del riformismo urbano, che metta al centro la qualità  ambientale e l’economia verde.

8. AMBIENTE E GREEN ECONOMY PER LO SVILUPPO DEL SUD. Economia verde, ambiente, turismo, agricoltura di qualità  costituiscono importanti opportunità  per lo sviluppo del Mezzogiorno.
Le regioni meridionali sono una naturale piattaforma tra Europa e Mediterraneo con grandi potenzialità  di sviluppo collegate alle energie rinnovabili, alla valorizzazione delle risorse ambientali, all’industria agroalimentare di qualità . Su questo obiettivo devono convergere politiche pubbliche e investimenti privati, in uno sforzo di rinascita del Sud.
A tal fine occorre sviluppare la filiera produttiva delle energie rinnovabili, utilizzando al meglio anche le risorse finanziarie dei POR FESR (1,3 miliardi di euro); riconvertire e innovare il tessuto manifatturiero con politiche industriali finalizzate allo sviluppo della green economy; valorizzare l’industria agroalimentare e le funzioni dell’agricoltura connesse alla difesa del suolo, alla tutela del paesaggio, alle agroenergie; sviluppare il turismo facendo leva sulla tutela del patrimonio ambientale, storico e culturale, sui parchi, sui 16 siti Unesco; investire per la manutenzione del territorio, la prevenzione del dissesto idrogeologico, il contrasto alla erosione delle coste; modernizzare le reti infrastrutturali (energia, acquedotti, impianti per il trattamento e per il riciclo dei rifiuti, banda larga, autostrade del mare e reti ferroviarie).

9. PIU’ LEGALITA’, LOTTA ALLE ECOMAFIE, MENO BUROCRAZIA. Affermare la legalità  è una condizione indispensabile per la ricostruzione dell’Italia. Lotta all’abusivismo edilizio ed alle ecomafie, contrasto al lavoro nero ed all’evasione fiscale, trasparenza e onestà  nella pubblica amministrazione, introduzione dei reati ambientali nel codice penale, sono al tempo stesso condizioni essenziali anche per la tutela dell’ambiente e per lo sviluppo dell’economia verde.
Altrettanto importante è procedere ad una riforma del sistema dei controlli ambientali (ISPRA ed Agenzie regionali), garantendone autorevolezza e indipendenza e promuovendo la collaborazione con le imprese per migliorare le loro performance ambientali. Un sistema di controlli adeguati è condizione essenziale per sostenere le imprese di qualità .
Occorre inoltre avviare una azione di forte semplificazione delle norme e delle procedure. Non è vero che più sono complicate le regole e meglio si tutela l’ambiente: è vero esattamente il contrario. Così come è necessario snellire il sistema di procedure autorizzative, che oggi troppo spesso rallenta o paralizza la realizzazione di un impianto di produzione di energia rinnovabile o l’avvio di una nuova attività  imprenditoriale nella green economy.

10. LAVORO VERDE. Creare nuova occupazione – lavoro non precario e qualificato – è una priorità  fondamentale, in un paese che ha più di 2 milioni di disoccupati e nel quale 1 giovane su 3 è senza lavoro.

Già  oggi i dati dimostrano che una parte significativa dei posti di lavoro creati in questi ultimi anni è nei “green jobs”. Riteniamo che puntando sullo sviluppo della green economy sia possibile creare in Italia nei prossimi anni – considerando sia le nuove attività  che la riconversione di attività  esistenti – almeno un milione di nuovi posti di lavoro.

Per vincere la sfida bisogna però investire di più e meglio sul capitale umano, sulla formazione e sulla ricerca. L’offerta formativa deve corrispondere meglio alle esigenze del mondo produttivo ed agli obiettivi di sviluppo dell’economia verde.