Draghi “homo europaeus” che dà importanza all’ambiente

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Tra i risultati già ottenuti dal presidente incaricato Mario Draghi prima ancora che nasca il suo governo, ce n’è uno che a noi pare vistoso: Draghi con la sua sola irruzione da “homo europaeus” sul palcoscenico politico italiano, ha messo a nudo la radicale arretratezza delle nostre classi dirigenti – politica e informazione in primis – rispetto alla centralità che in Europa hanno assunto da tempo, e ancora di più in questo tempo drammatico di pandemia, i temi ambientali.

L’arretratezza di cui sopra fa sì che quasi tutti leggano l’insistenza di Draghi sul peso rilevante che l’ambiente, la transizione ecologica dell’economia, avranno nel programma del suo esecutivo, come una concessione tattica a Grillo e ai Cinquestelle che tornando alle loro origini hanno rialzato la bandiera dell’ecologia. Ma che la questione sia oggettivamente decisiva per il futuro dell’Italia e dell’Europa, anche per l’efficacia della ripresa post-Covid, sfugge completamente a buona parte dei nostri politici e alla quasi totalità dei nostri giornali e talk televisivi. Ci sono le eccezioni, certo. Di politici, anzi di politiche, come Rossella Muroni o Elly Schleyn impegnate ogni giorno sui piccoli e grandi temi “green”. E non c’è dubbio che il Pd con Zingaretti e Orlando cominci a prendere consapevolezza che l’ambiente è oggi un pilastro su cui costruire una credibile, convincente proposta progressista e riformista. Ma in generale è buio pesto, un buio che si alimenta da una sorta di desolante corto circuito: i politici non si occupano di ambiente perché vedono che ai media non interessa, i media ne scrivono e parlano poco perché vedono che i politici non se ne occupano…

Draghi rispetto a tutto questo e comunque lo si consideri – un conservatore illuminato, un riformista moderato – è veramente un extraterrestre. Il suo mondo è l’Europa, e in Europa le politiche ambientali sono una priorità del discorso pubblico quasi a prescindere da destra e sinistra: perché in molti Paesi ci sono forze politiche Verdi di peso che impongono il tema come dirimente, perché dalla Merkel a Macron a Sanchez la transizione ecologica è proposta come un’asse fondamentale di sviluppo economico e miglioramento sociale, perché i media – basta confrontare in un giorno qualsiasi “Le Monde” o “The Guardian” con i nostri giornali – considerano l’ambiente come un argomento essenziale di informazione e approfondimento.

Riuscirà l’extraterrestre Draghi ad allineare sul punto l’Italia all’Europa? Ci auguriamo di sì, ma non sarà un compito facile. A parole, per dire, tutti o quasi in Italia approvano che il 40% dei fondi del Next Generation EU vadano, come stabilito a Bruxelles, per opere e interventi utili al tempo stesso a rilanciare l’economia e a favorire la transizione ”green” e prima di tutto la decarbonizzazione dei sistemi energetici e infrastrutturali. Dalle parole ai fatti, molti vorrebbero che quel colore “green” mutasse in un “green washing”, dando forma – come è stato proposto – a misure che di ecologico hanno zero come l’idea di costruire tanti nuovi inceneritori (invece dei mille impianti che servono per riciclare i rifiuti) o i progetti sull’idrogeno “blu” prodotto bruciando gas naturale che piace tanto a Eni. Di più, in Italia il dibattito sull’ambiente corre spesso su binari dell’altro secolo: da una parte chi continua a ripetere “lo sviluppo prima di tutto, l’ecologia viene dopo”, ignorando che la crisi climatica rischia nei prossimi anni di impoverirci mille volte di più della pandemia, dall’altra sedicenti ecologisti per i quali difendere l’ambiente significa dire no a qualunque progresso e cambiamento e un impianto che ricicla rifiuti è il male come fosse una centrale nucleare.

L’economia italiana ha già fatto passi importanti sulla via della transizione ecologica. Potremmo essere leader in Europa su questo fronte di innovazione, di sviluppo, di nuovo lavoro, ma finora all’appello sono mancate politica e informazione. Draghi può aiutare a chiudere il cerchio, la sua scelta del tutto inedita di consultare tra le forze sociali anche in un incontro ad hoc le grandi associazioni ambientaliste (Legambiente, Wwf e Greenpeace) è una buona notizia in più ed è la conferma che conservatore o riformista, il suo approccio alla questione ambientale potrebbe rivelarsi “rivoluzionario”.

ROBERTO DELLA SETA

FRANCESCO FERRANTE

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