Grab e Villa Ada: un’inspiegabile ostilità verde

pubblicato sul Corriere della Sera

Il matrimonio tra biciclette e parchi romani non s’ha da fare, né ora né mai. Così la pensano comitati e attivisti vari guidati da Wwf e Italia Nostra, contrari a che il Grab – Grande raccordo anulare delle biciclette, 45 chilometri di “anello” ciclabile attraverso Roma  – entri nei parchi urbani. Nato da un’idea di Antonio Cederna, il Grab è una bella storia cresciuta dal basso (il progetto è di Legambiente, Velolove e tante altre associazioni) e oggi non è più un’ipotesi: ci sono i soldi per realizzarlo, lo vogliono sia il Governo che il Comune. Ma per il “fronte del no” il Grab non deve passare dentro i parchi, meno che mai dentro Villa Ada dove per ospitare il tracciato ciclabile verrebbero risistemati con terra naturale gli attuali sentieri: secondo loro uno scempio intollerabile.

Questa polemica ci pare peggio che pretestuosa: è surreale proprio perché viene da ambientalisti. La forza del Grab è nell’idea che una pista ciclabile sia il catalizzatore di un grande progetto di rigenerazione urbana che riconnette i luoghi più belli di Roma con le periferie, in un circuito mozzafiato apripista della rivoluzione di una nuova mobilità non più “auto-centrica”. Escluderne i parchi urbani significa negare l’idea stessa del Grab.

Il tema è l’intangibilità del verde urbano? Anche questa un’insensatezza. Il paesaggio di Villa Ada non è wilderness, è stato creato dall’uomo poco più di due secoli fa dove prima c’erano terreni agricoli. E i parchi urbani esistono per essere fruiti, naturalmente rispettandone il valore ambientale e paesaggistico. No, opporsi al Grab dentro Villa Ada nel nome dell’ambiente è una follia che gli ambientalisti non possono permettersi. Diventerebbero non solo inutili per affrontare il problema ecologico che hanno denunciato per primi, ma parte loro stessi del problema.

 

ROBERTO DELLA SETA

FRANCESCO FERRANTE

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