La rivoluzione dei Fori come manifesto politico

pubblicato su la Repubblica

Quasi mezzo secolo fa, alla fine degli anni Settanta, nacque il progetto Fori. A lanciare l’idea furono due grandi intellettualiAdriano La Regina soprintendente archeologico a Roma, Antonio Cederna instancabile paladino della difesa dei beni culturali e del paesaggio -, a raccoglierla politicamente furono i due primi sindaci di sinistra della capitale: lo storico dell’arte Giulio Carlo Argan, primo cittadino dal 1976 al 1979, e poi soprattutto Luigi Petroselli. Così Cederna in un articolo del 1979 riassumeva l’obiettivo: “E’ assolutamente necessario eliminare il traffico dal centro archeologico di Roma, e costituire una ‘spina verde’ che dal Colosseo a dall’Arco di Costantino si spinga fin verso piazza Venezia”.

Per decenni il progetto Fori è rimasto nel cassetto, malgrado la pressione e la mobilitazione continue di associazioni e comitati. Unici parzialissimi passi avanti la simbolica innovazione delle “domeniche ecologiche”, introdotte dal sindaco Rutelli, che se non altro hanno fatto assaporare a migliaia di romani e di turisti cosa sarebbero di ancora più bello i Fori e il Colosseo trasformati in un grande parco archeologico; e poi la chiusura al traffico privato di via dei Fori Imperiali decisa dal sindaco Marino.

La speranza è che il progetto Fori dell’amministrazione Gualtieri segni, per così dire, “la volta buona”. Le linee essenziali del piano, frutto di un lavoro a più mani guidato da Walter Tocci – protagonista di primo piano, da vicesindaco e assessore alla mobilità, delle giunte Rutelli, cioè della stagione amministrativa decisamente più felice nella storia recente di Roma capitale –, prevedono che la grande area tra Colosseo, Celio, Palatino, fino alle Terme di Caracalla e al Campidoglio, diventi un “unicum” ciclopedonale, senza più discontinuità con la zona archeologica. Un “unicum” contiguo e direttamente collegato al parco dell’Appia Antica e al Grab, il “grande raccordo anulare delle biciclette”, altro progetto di rivoluzione urbanistica che regalerebbe a Roma un anello ciclopedonale di 40 chilometri di eccezionale valore storico, paesaggistico, turistico.

L’annuncio del nuovo progetto Fori ha sollevato consensi ma anche critiche severe. Critiche di segno contrario: di chi ammonisce che pedonalizzare un’area così vasta sarebbe un cambiamento troppo radicale per gli assetti del centro storico e un azzardo per la mobilità romana, o peggio la premessa per trasformare il centro antico di Roma in una sorta di “luna parkper turisti; di chi all’opposto giudica rinunciatario il progettoperché non contempla, come nell’idea di Cederna e La Regina, la cancellazione totale di via dei Fori, “vulnus” originario con cui il fascismo deturpò e stravolse l’area archeologica.

La prima accusa, abbondantemente cavalcata dal “Messaggero” e spalleggiata con intenzioni palesemente strumentali dall’attuale ministro della cultura, è risibile. Altro che “luna park”: la realizzazione del progetto Fori, insieme al completamento dei lavori per la nuova metropolitana, offrirebbe questo gioiello di arte e cultura, oggi spezzettato in tanti frammenti tra loro sconnessi e assediato del traffico privato, al pieno godimento sia dei turisti che dei romani.

La seconda accusa, sostenuta in particolare da Italia Nostra, è ingenerosa. Il piano-Tocci ha un’ambizione ancora maggiore del primo progetto Fori immaginato da Petroselli: riguarda un’area molto più vasta della sola “spina” di via dei Fori, davvero sarebbe un passo sostanziale e decisivo per creare nel cuore di Roma il più grande e prestigioso parco archeologico urbano del mondo.

Come d’abitudine per molte ottime idee sul futuro di Roma, è grande il rischio che anche per effetto di queste opposte contestazioni prevalga il “non fare”. Per evitarlo c’è un’unica via: che più e meglio di tanti singoli progetti di “straordinaria amministrazione” più o meno condivisibili, questo sia scelto dall’attuale governo di Roma quale manifesto programmatico su cui mettere in gioco credibilità e consenso.

ROBERTO DELLA SETA

FRANCESCO FERRANTE

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