L’Europa carnivora che piace a tutti i fossili? Un paradosso contro la libertà e il futuro

 

pubblicato su huffingtonpost.it

La guerra di Putin in Ucraina sta provocando non solo tragici effetti a breve, ma rischia di innescare conseguenze drammatiche anche a lungo, lunghissimo termine. Una delle più rovinose, e certamente la più paradossale, è nella possibilità concreta che un evento che mostra fino in fondo l’insostenibilità geopolitica dell’attuale modello energetico globale fondato sulle energie fossili e dunque dominato da pochi Paesi che come nel caso della Russia controllano buona parte di tali risorse naturali, e che dunque dovrebbe produrre un accelerazione delle politiche orientate alla transizione energetica verso le fonti rinnovabili – pulite, disponibili senza limiti e dappertutto -, a dare retta al dibattito pubblico rischia di provocare il risultato opposto: rimandare e così rallentare il cammino di uscita dal carbone, dal petrolio, dal gas.

E’ un paradosso insensato, perché l’azzeramento entro metà di questo secolo dell’uso dei combustibili fossili risponde a un interesse la cui tempistica non è “interpretabile” e non è una variabile indipendente: se non raggiungeremo l’obiettivo, il “global warming” supererà abbondantemente quella soglia critica dei 1,5 gradi in più di temperatura media globale rispetto ai livelli preindustriali che secondo l’IPCC – l’organismo scientifico che da decenni segue l’evoluzione del fenomeno – esporrebbe l’umanità a danni sociali, economici catastrofici e irreversibili.

E’ un paradosso insensato, ma è tutt’altro che inspiegabile. La transizione dei sistemi energetici dall’era fossile all’era rinnovabile, l’era dell’energia prodotta col sole e col vento, e poi con l’acqua, la geotermia e il biometano, rappresenta, è vero, una straordinaria occasione di nuova economia e di nuova occupazione, tanto più preziosa per Paesi come il nostro poveri di risorse fossili, però colpisce interessi economici formidabili, che fanno di tutto per fermare il cambiamento. Così, per il “mondo fossile” la tragedia ucraina è il pretesto inatteso e insperato per gridare che “no, non è questo il momento per fantasie green, meglio semmai ritornare al carbone o riscoprire il nucleare”. Putin per loro è il migliore nemico possibile, quasi un nemico-alleato.

Purtroppo, ad alimentare questa idea che di fronte alla guerra di Putin l’Europa debba mettere da parte, rinviare la sfida per uscire da petrolio, gas e carbone, non ci sono solo le grandi industrie fossili. In Italia più che altrove, posizioni analoghe vedono schierati anche osservatori e commentatori “terzi”, in più di un caso voci che si propongono e sono percepite come “disinteressate” e autorevoli. Un esempio su tutti è Federico Rampini, che dopo un breve periodo di “innamoramento green” e un altro successivo sintetizzabile come “trumpismo di sinistra” adesso ha un nuovo “pallino”: l’Europa, ha scritto sul Corriere della Sera giorni fa, deve tornare “carnivora” – la metafora è sua –, dunque da una parte riarmarsi e dall’altra smetterla con l‘illusione tipicamente “erbivora” che si possano sostituire le energie fossili con quelle rinnovabili.

Infine, e di nuovo soprattutto in Italia, questo fronte composito di nemici più o meno innocenti della transizione ecologica può contare su un ulteriore, e ancora più sorprendente, alleato: sono i gruppi, i comitati che in nome della difesa del paesaggio si oppongono a ogni progetto di parco eolico o di impianto fotovoltaico. Per loro lo stato dei luoghi è “intangibile”, è tutto paesaggio da conservare anche quando si tratta di un terreno abbandonato da decenni e senza nessun pregio naturalistico dove installare pannelli solari o di un tratto di mare lontano decine di miglia dalla costa proposto per ospitare qualche decina di pale eoliche. E’ il nimby antiecologico che però si presenta come Verde, combattuto con forza da tutte le grandi associazioni ambientaliste: problema che come detto in Italia è più diffuso che altrove. Se da anni il nostro Paese è fermo al palo nello sviluppo delle energie pulite è anche per l’affollata presenza di questi “utili idioti” della resistenza fossile, la cui azione di contrasto allo sviluppo delle energie rinnovabili è ulteriormente amplificata da un sistema di regole burocratiche che semina di ostacoli spesso insormontabili l’iter autorizzativo anche del più piccolo impianto eolico o solare, e da una radicata vocazione all’immobilismo che caratterizza le scelte delle Soprintendenze e del Ministero della Cultura, titolati ad esprimersi sulla compatibilità paesaggistica di ogni nuova opera di interesse pubblico.

“L’aria delle città rende liberi”: così diceva uno dei moti più celebri che accompagnarono la nascita dei Comuni alla fine del Medioevo, processo fondativo dell’Europa moderna. Adesso l’Europa, per sconfiggere i Putin di oggi e di domani e per progettare il suo futuro non più da “dominus” ma da protagonista del mondo globale dovrebbe ripetersi ogni secondo: “l’energia rinnovabile rende liberi”.

 

 

 

 

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