L’insegnamento della storia (sulle rinnovabili)

pubblicato su Pianeta Terra

C’eravamo già. Quando nacque ANEV. Non bello dal punto di vista anagrafico, ma mi ha colpito – rimettendo a posto un po’ di carte – trovare un mio comunicato stampa del 2001 in cui da Direttore Generale di Legambiente polemizzavo con il “Comitato nazionale del paesaggio” (non so neppure se quel comitato esiste ancora, ma ci sono comunque suoi degni emuli) per non so più quale loro dichiarazione contro un progetto eolico, concludendo con queste parole “Che poi un’associazione che si definisce ambientalista faccia della lotta agli impianti eolici il suo primo cavallo di battaglia è un pessimo segnale”. Ahime ancora attuali se si leggono le cronache – un esempio per tutti – dal Mugello in cui un progetto di parco eolico costruito con pazienza e attenzione in un processo partecipativo che ha portato alla sua autorizzazione in conferenza di servizi non è servito a fermare la Soprintendenza locale nel fare ricorso spalleggiata – ancora! – da sedicenti associazioni ambientaliste.

Non fu quindi un caso se, credo tra i primi atti della neonata “associazione del vento”, ci fu la sigla con noi di Legambiente di un protocollo d’intesa che è stato alla base della collaborazione sempre più stretta tra i seri imprenditori dell’eolico e l’ambientalismo consapevole delle sfide che la crisi climatica ci imponeva di giocare e curioso di esplorare le opportunità di economia e lavoro connesse allo sviluppo delle rinnovabili. E consentitemi qui il ricordo affettuoso di una persona appassionate e intelligente che conobbi in quel frangente e che purtroppo non c’è più: Ciro Vigorito.

Da allora molte cose sono cambiate. Innanzitutto le rinnovabili, tutte e l’eolico che era la più matura, sono uscite dalla nicchia e partecipano a pieno titolo al mercato dell’energia. Ci siamo riusciti grazie alla riforma degli incentivi che volemmo nel 2007. E se nel 2014 il Governo Renzi non avesse deciso di fermarne lo sviluppo, oggi saremno molto più avanti nel perseguire i target che l’Europa ci chiede di raggiungere nella inevitabile e non più rinviabile marcia verso la decarbonizzazione della nostra economia. Una marcia che , come appare evidente in queste drammatiche settimane di guerra, ci renderebbe anche più “liberi” e indipendenti da forniture fossili provenienti da Paesi dove democrazia e diritti sono optional non particolarmente apprezzati. E sono cambiate anche le “parole” del dibattito pubblico su questo tema. Oggi, anzi già da prima della pandemia con il suo New Green Deal, è l’Unione Europea a parlare di “decarbonizzazione”, di “zero emissioni”, non qualche associazione ambientalista. Appena dieci anni fa il nostro più grande produttore di energia elettrica era in prima fila a difendere interessi fossili e promuovere il nucleare, oggi è il campione mondiale delle rinnovabili, Quella che allora si chiamava Assoelettrica si è fusa con Assorinnovabili, adesso si chiama Elettricità Futura e da dentro Confindustria propone di installare in tre anni la stupefacente capacità di 60 GW di rinnovabili (stupefacente perché per ora ne installiamo meno di 1 GW all’anno, non perché non sia necessario e possibile). Nel mondo gli investimenti in impianti rinnovabili hanno ormai stabilmente superato quelli fossili, il nucleare perde terreno e – nonostante le lagne di alcune “vedove dei fossili e del nucleare” – è la stessa IEA a descrivere un futuro (prossimo) sempre più basato su rinnovabili e accumuli, seguita in questo anche da gente come Bloomberg e McKinsey, non sospettabile di ideologismi ma piuttosto molto attenta agli aspetti finanziari degli sviluppi industriali.

Abbiamo vinto quindi? No, non ancora purtroppo. C’è uno scarto invece sempre più evidente nel nostro Paese tra le necessità imposte dalle crisi (ambientali, economiche, ahimè di guerra), le dichiarazioni pubbliche (si pensi a quelle dello stesso Presidente Draghi che ha più volte annunciato obiettivi importanti per le rinnovabili) e la realtà delle cose sul territorio che gli imprenditori di ANEV conoscono sin troppo bene. Poche settimane fa si è riusciti finalmente ad inaugurare il primo parco eolico off shore. A Taranto. Ma ci sono voluti 14 (quattordici) anni di defatiganti trattative e di ricorsi giudiziari perché la locale Soprintendenza riteneva che qualche pala eolica al largo delle coste dove sorge l’Ilva avrebbe rovinato il paesaggio. E in quell’occasione abbiamo dovuto sentire anche le critiche di chi lamentava un incentivo concesso “troppo alto”! Non sarebbe più semplice garantire tempi certi? Vedrete poi come sarebbe facile ridurre anche i relativi incentivi. Un approccio culturale quello delle Soprintendenze difficile da superare e non serve nemmeno “centralizzare” le loro decisioni, dato che è stata proprio la speciale Soprintendenza nazionale, istituita di recente con il PNRR, a bocciare le pale eoliche disegnate da Renzo Piano per la nuova diga foranea del Porto di Genova. Diga che evidentemente all’architietta responsabile del procedimento presso la Soprintendenza deve apparire bellissima (forse come la tangenziale che corre lungo il porto), ma le pale eoliche per carità, no!

E’ certamente una battaglia culturale quella che dobbiamo vincere ma intanto dovremmo riuscire a convincere i decisori politici che una riforma semplice sarebbe quella di riservare il ruolo discrezionale  (ineliminabile e importante) delle Soprintendenze sui paesaggi e gli edifici vincolati, ma solo su quelli.

E più in generale è lungi da essere vinta la battaglia con ampi pezzi di classe dirigente di questo Paese sordi alle novità e abbarbicati a ricette del secolo scorso (fossilli, inceneritori, nucleare). E in questa battaglia penso che sia stato molto importante dieci anni fa la nascitadel Coordinamento Free. Allora ero in Parlamento e spinto dall’intuizione intelligente di Simone Togni e dal nostro nume tutelare GB Zorzoli convocammo gli “Stati Generali delle rinnovabili e dell’efficienza energetica” cui aderirono tutte le associazioni imprenditoriali più rappresentative e che diede vita a un’alleanza che ebbe il merito di superare le gelosie tra le varie fonti e che oggi svolge ruolo fondamentale di aggregazione e spinta verso il futuro che si fa sempre più presente.

Francesco Ferrante

Vicepresidente Kyoto Club

Vicepresidente Coordinamento FREE

 

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