Non possiamo fallire

Secondo giorno di votazioni. Di mattina sembra quello giusto per arrivare ad eleggere il presidente… 

Secondo giorno di votazioni. Di mattina sembra quello giusto per arrivare ad eleggere il presidente. Stavolta la decisione di votare scheda bianca ci viene comunicata via sms. Va bene così. Si tiene la porta aperta con la ragionevole speranza che l’opposizione capisca che noi siamo compatti e fermi su Napolitano e che quindi convenga anche a loro contribuire alla sua elezione già  nel pomeriggio. Il clima di fiducia è diffuso e confermato anche da un caffè con Fassino e, dall’altra parte, da brani di tese conservazioni tra deputati di An che dimostrano che sono in difficoltà . Ma già  ad ora di pranzo le cose cambiano e arriva la notizia che “loro” hanno deciso di votare scheda bianca non solo nella terza votazione ma persino domattina. Ci sfidano sulla nostra compattezza, mi auguro che noi la si dimostri sino in fondo. Franchi tiratori, cedimenti di ogni genere sarebbero una sventura e non credo sarebbero capiti né da chi ci ha votato, né dal resto del paese. àˆ innegabile però che la terza votazione si svolga in clima in cui l’inquietudine sale. Non c’è alcun motivo razionale dal punto di vista politico per cui qualcuno o qualche gruppo domani nel segreto dell’urna non faccia il suo dovere, anzi è probabile che qualcuno del centrodestra alla fine si aggiunga a noi. Ma l’inquietudine c’è e temo che resterà  sino alla fine. Alle 19.30 tutti i grandi elettori dell’Unione vengono convocati sempre via sms (ma prima come si faceva?) nella Sala della Regina. Stracolma. Introduce Prodi e un po’ di tensione si scioglie nel lungo, caldo applauso che scatta quando il leader dell’Unione fa il nome di Giorgio Napolitano. Un applauso che si ripete quando Prodi ringrazia “individualmente” Massimo D’Alema. Il presidente dei Ds prende la parola e con la consueta lucidità  dice dell’errore che sta commettendo il Polo che, innanzitutto per le sue divisioni interne, si rifiuta irragionevolmente di accettare una candidatura così prestigiosa e della grande responsabilità  che dobbiamo mostrare noi nell’ottenere questa vittoria e nell’offrire al paese un presidente autorevole e “di tutti”. Il ragionamento non fa una piega e esprime bene ciò che ci andiamo dicendo da tutto il giorno nei capannelli in Transatlantico, ma dire che basta a “tranquillizzarmi” sarebbe falso. La partita è aperta, non facile e la posta in gioco altissima: non solo la presidenza, ma lo stesso futuro della legislatura e una prospettiva politica di ricostruzione nel paese di un clima che permetta di governarlo. Se ce la facciamo, tutto bene, si va avanti. Se dovessimo fallire le possibilità  di sanare la ferita prodotta sarebbero davvero molto poche.