Tasse e strade, la nostra verità 

Il Corriere della Sera ha titolato un’intervista post elettorale a Riccardo Illy «Più strade e meno tasse per riconquistare il settentrione». 

A parte la sintesi giornalistica, necessariamente un po’ semplificatoria, quel titolo coglie bene un pensiero e un’impostazione diffusi, almeno tra coloro che nel centrosinistra si pongono, giustamente, il problema di come interloquire con quella metà  del paese che non ci ha voluto votare e che, con tutta evidenza, non si fida di noi e che noi siamo ben lontani dal convincere. Ma forse proprio al fine di parlare anche a quella parte fondamentale dei nostri concittadini sarebbe bene fare un’altra operazione verità , oltre a quella ineludibile che ci attende sui conti dello stato che ci hanno lasciato Berlusconi e Tremonti, anche su questi due punti essenziali: il fisco e le infrastrutture. àˆ giunto il momento di dire una volta per tutte che se vogliamo mantenere i servizi sociali propri, non solo del welfare, ma più semplicemente di uno stato moderno ridurre, in maniera significativa, la pressione fiscale totale non si può proprio fare e che invece è utile lavorare sulla distribuzione del peso fiscale su persone e cose. L’impossibilità  della riduzione generalizzata è una verità  forse scomoda ma nota in tutto il mondo e dimostrata peraltro proprio dal fatto che neanche il centrodestra, che su questo punto aveva basato gran parte della propria propaganda e delle sue ricette economiche, è riuscita a farlo in cinque anni (a meno di non considerare la riduzione dello 0,6% un qualcosa di significativo e utile). Le tasse servono per assicurare i servizi che lo stato deve garantire ai suoi cittadini, e in quelli fondamentali – la scuola, la sanità  ma anche il trasporto pubblico locale essenziale per la qualità  della vita nelle città  moderne – nel nostro paese non si spende “troppo”, piuttosto invece si spende “male”. Sarebbe credo molto più utile, anche per parlare ai cittadini che continuano a votare a destra, fare uno sforzo davvero enorme per rendere più rapidi, puntuali e comodi i nostri autobus, più accoglienti e sicuri gli ospedali, più formative le nostre scuole. A questo fine si deve lavorare per ridurre gli enormi sprechi che ci sono nella spesa pubblica: usare quelle risorse per “migliorare” i servizi. Sul fisco, invece, per alleggerire in maniera importante – a pressione totale invariata – il peso, oggi eccessivo, sul lavoro e sul reddito d’impresa (e in questa giusta direzione va la proposta sul cuneo fiscale di Prodi) bisognerebbe avere il coraggio di aumentare la pressione fiscale sui consumi di materia prima, ma anche di energia. Un’ipotesi del genere avrebbe tra l’altro il merito di premiare le produzioni più innovative, quelle legate alla cosiddetta soft economy, quelle di qualità  su cui si può pensare di rilanciare il paese e probabilmente avrebbe anche il merito di tornare a parlare a prezzi di imprenditoria oggi così lontani. Non è in dubbio che il centrosinistra opererà  nel risanamento necessario tutelando i ceti più deboli, lo fece già  ai tempi dell’euro; oggi però è giunto il momento di fare un passo in più e “scegliere” quale politica industriale e con essa quali nuove alleanze si possono costruire sui territori.