La miopia delle destre

pubblicato su La Nuova Ecologia

Caso emblematico è la battaglia sovranista contro la direttiva “Case green”, che si prefigge di intervenire sul vecchio patrimonio edilizio, fonte di sprechi energetici

L’argomento più utilizzato da conservatori e reazionari (più o meno sovranisti e populisti), amanti dello status quo fossile (tuttalpiù sostituibile con una spruzzata di nucleare) è che il Green deal, la transizione industriale che comprende economia circolare e rivoluzione energetica, sia un “massacro sociale” che pagherebbero i ceti sociali più deboli. È vero il contrario: l’inazione di fronte alla crisi climatica mette a repentaglio la stessa vita dei più deboli, a partire dagli abitanti dell’Africa subsahariana, migranti climatici, che mai hanno goduto del benessere che i fossili hanno garantito a noi negli ultimi due secoli. Ma anche degli agricoltori, che alle nostre latitudini sono quelli che soffrono maggiormente sul piano economico i sempre più frequenti fenomeni estremi. E ancora: l’inazione è dannosa non solo perché non mitiga gli effetti della crisi climatica, ma perché induce impotenza nei confronti dei cambiamenti in atto che necessiterebbero invece di essere “governati”.

Se non vogliamo far fare agli occupati del settore automotive la fine dei cocchieri – quando l’auto sostituì le diligenze – sarà il caso di accompagnare il passaggio inevitabile all’elettrico, invece di ostacolarlo, e riconvertire quei lavoratori. Se non si vuol far fare alla chimica la fine della Kodak, che non scommise sul digitale e per questo sparì, bisognerà investire sulla bioeconomia, in cui peraltro il nostro Paese può vantare una leadership, e non ostacolarla (si veda la discutibile sentenza dell’Antitrust vs Novamont di qualche settimana fa: colpevole di “essere prima nell’innovazione tecnologica e ambientale”).

Un caso emblematico di schizofrenia di fronte ai cambiamenti è ciò che politici e media di destra sostengono di fronte alla direttiva “Case green”: misura che si prefigge di intervenire sul patrimonio edilizio vetusto, soprattutto in Italia, e per questo fonte di sprechi energetici (la percentuale di consumo energetico attribuibile ai nostri edifici supera il 40%) e delle conseguenti emissioni climalteranti. Quella direttiva porta con sé l’effetto collaterale, affatto irrilevante, che un intervento sugli edifici, a partire da quelli più “colabrodo”, li renderebbe più confortevoli per chi ci abita e contribuirebbe a combattere la povertà energetica. Certo, a patto che le regole con cui implementarla siano sensate ed efficaci. Evitando per esempio nell’errore ripetuto in questi anni di continuare a incentivare caldaie a gas invece di favorire il passaggio alle più efficienti ed ecologiche pompe di calore.

Gli anti-green strepitano di “tasse occulte” imposte dall’Ue, che obbligherebbe i privati a ristrutturazioni costose, e intanto continuano a favorire la filiera del gas fossile. Quello che serve è mettere in campo un bouquet di misure: detrazioni fiscali, interventi sul patrimonio edilizio pubblico, coinvolgimento di privati in project financing facendo leva sul risparmio economico che si può ottenere da case davvero green. Sempre che si riescano a dismettere quegli occhiali ideologici che la destra ha indossato in tutto il mondo.       

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