pubblicato su Agenda Digitale
Adelante con (troppo) juicio. Così si potrebbero sintetizzare I risultati del “Renewable energy report 2025” curato dall’Osservatorio del Politecnico di Milano resi noti di recente. Infatti aumenta l’istallazione di fotovoltaico nel nostro Paese. Oltre 6 GW nel 2024 con un incremento di oltre il 10% rispetto all’anno precedente, ma sempre molto lontano da ciò che sarebbe stato necessario realizzare per essere in linea con i target fissati al 2030, e anche un numero ancora troppo basso rispetto a quello che potenzialmente si potrebbe fare. Ancora più evidenti questi gap per l’eolico il cui nuovo istallato raggiunge appena i 600 MW. E non è motivo di conforto nemmeno il dato con cui si evidenzia la crescita del fotovoltaico industriale – all’aumento della potenza complessiva installata corrisponde la riduzione del numero di nuovi impianti per un aumento della potenza media. Era infatti prevedibile che con la fine del superbonus sarebbe diminuito il numero dei piccoli impianti domestici. Ciò che fa fatica a decollare paradossalmente è proprio il fotovoltaico industriale, e l’eolico, che potrebbero vantare i migliori risultati economici se non fossero ostacolati da opposizioni nimby, farraginosità burocratiche e normative contraddittorie e inadeguate. Il Governo centrale nonostante dichiarazioni che indicherebbero la volontà di semplificare le norme procede con troppa timidezza su questo fronte e anzi in alcuni casi mette freni incomprensibili o si rifiuta di fare le scelte che sarebbero necessarie e opportune. Il primo caso è ben rappresentato dalle norme volute dal Ministero delle Politiche Agricole (su suggerimento di Coldiretti) che riguardano la possibilità di realizzare fotovoltaico in aree agricole: il Governo ha scelto di vietarlo o di ridurlo a un “agrivoltaico” così pieno di paletti che,se non verranno corretti rapidamente, non si avrà alcuna possibilità di sviluppo concreta. Si è scelto di dare retta a una campagna “terroristica” per cui il fotovoltaico “predatore” avrebbe invaso le campagne e impedito persino l’agricoltura di qualità. Invece il fotovoltaico non solo potrebbe aiutare gli agricoltori a non abbandonare i terreni come succede con drammatica costanza ormai da decenni nel nostro paese, ma le esperienze più avanzate (non quelle dettate da norme incomprensibili) dimostrano quanto è possibile la convivenza di agricolura e produzione di energia rinnovabile. Altra decisione sbagliatissima del Governo è stata quella della “rinuncia a scegliere” fatta con il Decreto “Aree idonee”. Con quel Decreto il Governo avrebbe dovuto dare le linee guida alle Regioni per individuare sui propri territori quelle aree appunto più idonee a ospitare impianti da fonti rinnovabili dove le procedure autorizzative avrebbero potuto e dovuto esere assai più semplici e rapide. Invece il Governo dopo mesi e mesi di ritardo (già quello grave) ha partorito un decreto che sostanzialmente diceva alle Regioni “fate come volete”. Tanto che immediatamente quella politicamente più arretrata e dove la campagna mediatica contro le rinnovabili aveva fatto più danni – la Sardegna – si è affrettata a fare una norma in base a quel decreto farlocco che rendeva il 99% del suo territorio NON idoneo a ospitare impianti da rinnovabili e quindi impossibile raggiungere l’obiettivo 2030 fissato dal burden sharing che individua i target regione per regione. Una norma, quella sarda a nostro avviso incostituzionale perché (pur avendo riformato il Titolo V della Costituzione e avendo reso incomprensibilmente concorrente tra Regioni e stato centrale la competenza su un tema come quello energetico che dovrebbe essere trattato a livello europeo piuttosto, altro che regionale!) sono le ultime sentenze della Corte come quella sull’autonomia differenziata ad avere chiarito che su questo argomento non si può andare in ordine sparso. Attendiamo nelle prossime settimane un verdetto definitivo della Corte, ma intanto il TAR del Lazio si è incaricato di demolire quel Decreto del Governo imponendogli di rifarlo dettando stavolta delle Linee Guida coerenti. E il Ministero di Pichetto era tanto consapevole di essere in torto che ha persino rinunciato a fare ricorso. Nel frattempo sul territorio continuano a moltiplicarsi le opposizioni delle Soprintendenze con pareri assai raramente sito-specifici e quindi condivisibili, ma molto più spesso veri e propri copia-incolla che rivelano un atteggiamento pregiudiziale per cui qualsiasi modifica del paesaggio, anche in zone non particolaremnte pregiate, sarebbe da ostacolare se non da impedire sempre e comunque. I media locali spesso pronti a fare da gran cassa a minoranze rumorose che influenzano la politica. Insomma tutte componenti che portano a rallentamenti se non a un vero e proprio stallo in alcuni casi, con il risultato che si fanno troppi pochi impianti, che ne restano nel limbo molti che saturano virtualmente la rete, che stiamo perdendo una grande occasione industriale oltre a non essere conseguenti con gli impegni che prendiamo per combattere la crisi climatica. Intanto però il mondo non aspetta noi: IRENA ci dice che il 93% deilla nuova potenza elettrica installata nel mondo nel 2024 era rinnovabile. I dati dell’Agenzia Internazionale per l’Energia ci confermano che eolico e fotovoltaico sono oramai le fonti più convenienti rispetto ai fossili e al costosissimo nucleare. Sarebbe davvero un peccato non cambiare marcia e inizare a correre pure noi. Eppure. Eppure il dibattito mainstream sulle questioni energetiche parte dal costo delle bollette per famiglie e imprese (che è un problema vero) ma sfocia con costanza esasperante sempre sulla supposta necessità del ritorno al nucleare. Chi lo propugna sono spesso gli stessi soggetti che qualche anno fa sostenevano che le rinnovabili erano condannate all’irrilevanza. Oggi, di fronte all’evidenza contraria dei fatti e del mercato, hanno cambiato “giustificazione” sostengono che è la non programmabilità delle rinnovabili a rendere necessaria la “sicurezza” del nucleare. Facendo finta di ignorare che se c’è una fonte di nergia non modulabile quella è proprio il nucleare, che il costo deglii accumuli è crollato del 90% negli ultimi 15 anni e che in quel settore avanza più che mai l’innovazione tecnologica. Ma gli interessi di chi vuol difendere lo status quo fossile o investire in questa folle avventura nucleare non si fermano davanti a nulla esono pronti a usare anche bufale e fake news per sostenere i propri argomenti. Ultimo il caso del blackout spagnolo: molti si sono buttati immediatamente a pesce per incolpare le rinnovabili e la percentuale “troppo alta” a parer loro delle rinnovabili nel sistema elettrico della pensisola iberica (compreso il Portogallo). Non era vero ed era evidente sin da subito che il problema piuttosto era nella rete e nella sua gestione inadeguata oltre che nelle mancate interconnessioni con il resto della rete europea (interconnessioni storicamente ostacolate dalla Francia che temeva giusto appunto la concorrenza delle rinnovabili spagnole contro il suo nucleare). Il Governo spagnolo il 17 giugno ha diffuso il rapporto finale che conferma: colpevole principale è la rete che nonostante ci fosse tutta la capacità per affrontare criticità, ha clamorosamente sbagliato le previsioni, secondo colpevole le grandi compagnie elettriche che hanno disconnesso impianti in maniera incontrollata, prima i termoelettrici poi anche qualche fotovoltaico, perché l’elettrone è tale, non è che si comporta diversamente a seconda di “cosa” lo ha prodotto. Aggiungiamo noi che i governi spagnoli in qualche maniera sono corresponsabili perché negli anni non hanno previsto sufficienti risorse da affidare all’operatore nazionale per l’adeguamento della rete. Ma le rinnovabili comunque non c’entravano. Una storia istruttiva. Cambiamo quindi narrazione per prima cosa, e le norme conseguentemete in modo da non subirla più questa transizione ma piuttosto candidiamoci a guidarla.Non è troppo tardi, ma il tempo stringe.