pubblicato su La Nuova Ecologia
César Manrique è stato leader di un movimento che riuscì a governare il turismo di massa a Lanzarote, preservandone architettura e paesaggio
Overtourism. Ormai siamo abituati a confrontarci con questo fenomeno che “colpisce” le città d’arte come le località balneari, ma in cui a volte ci imbattiamo anche in luoghi inaspettati. L’impatto ambientale – in termini di produzione di rifiuti o di capacità di depurazione delle acque, per non parlare del traffico automobilistico – è evidente e nel lungo periodo è tra le maggiori cause del consumo di suolo. D’altra parte, arginare il fenomeno senza imporre limitazioni su basi economiche, e quindi tornando ai tempi in cui il viaggio per svago era un lusso per pochi (ricchi), non è affatto facile. Si tratta di fare scelte politiche lungimiranti di difesa del territorio e delle sue qualità identitarie senza stravolgerne le caratteristiche. Per esempio, con un’attenta politica di concessione delle licenze commerciali. Complesso, certo, ma si può fare.
Un esempio significativo arriva da Lanzarote, l’isola più a nord dell’arcipelago delle Canarie. Un luogo dalla bellezza travolgente, con i suoi vulcani, le vigne scavate in buche tra la lava per difendersi dal vento, le baie e le spiagge bagnate dall’Oceano Atlantico che non hanno nulla da invidiare alle più belle del nostro Mediterraneo. Questa meraviglia, come tante località delle nostre coste, tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso subì l’assalto del turismo di massa e alcune sue località, in particolare quelle sulla costa che guarda il Marocco, furono aggredite da scempi urbanistici a noi ben noti.
Però… C’è stato lì un “grande però” che aveva un nome e un cognome. Si chiamava César Manrique, straordinario artista lanzarotino che dopo aver girato il mondo intero, esposto alla Biennale Arte di Venezia ed essere stato parte della scena artistica newyorkese, nel 1968 decise di tornare nella sua isola, dove sarebbe diventato non solo l’architetto di veri e propri capolavori che si inseriscono meravigliosamente in quel paesaggio, ma anche il leader “naturale” di un movimento ecologista che riuscirà a fermare quegli scempi in poche aree urbane, conservando il resto dell’isola con la sua architettura originale, preservandone lo straordinario paesaggio. César Manrique è morto troppo presto, nel 1992, in un incidente stradale. Proprio l’anno in cui arrivò nell’isola José Saramago, un altro gigante, che proprio lì scrisse il suo capolavoro Cecità e dove rimase fino alla morte.
L’eredità di César Manrique è visibile ancora oggi, non soltanto nei monumenti che ha lasciato nell’isola ma per essere riuscito a favorire un turismo più dolce e più attento al proprio impatto (la via ciclabile en Lanzarote, per esempio, è segnalatissima e molto frequentata): un vero green hero, oltre che un grande artista. Ce ne vorrebbero tanti altri.
P.S. Anche grazie all’impegno di Manrique, Lanzarote è l’unica località europea dove sono vietati i cartelloni pubblicitari, proprio per difendere il paesaggio. Il visitatore occasionale non se ne accorge subito, ma dopo un po’ avverte un vero senso di liberazione.
P.P.S. Invece ai lanzarotini non danno alcun fastidio i parchi eolici che producono l’energia pulita e rinnovabile e che si inseriscono, senza problemi, persino in quel paesaggio estremo di natura.