DI MAIO, SALVINI E GLI APPRENDISTI STREGONI

pubblicato su huffingtonpost.it
E’ probabile che come dicono in molti il governo che sta per nascere sia il più a destra della storia repubblicana. Certamente è il primo governo da settant’anni, non solo in Italia ma in tutta l’Europa occidentale, formato interamente da forze estranee alle tradizioni costitutive della moderna democrazia europea: popolari, socialisti, liberali, con l’aggiunta più recente dei verdi che nell’Europa del centro-nord – dalla Germania all’Olanda ai Paesi scandinavi – fanno da tempo parte stabile dell’architettura politica.
Dopo di che si può dire anche che si tratta della prima volta dei populisti al governo di un grande Paese europeo. Si può dire, sebbene la definizione di cosa sia una forza populista non è affatto scontata. Sicuramente Cinquestelle e Lega sono “populisti” in questo senso: hanno costruito la loro forza, il loro crescente successo, su un linguaggio, un discorso pubblico fortemente semplificati e aggressivamente anti-establishment, sull’idea che nel tempo presente la dialettica non sia tra destra e sinistra ma tra la generalità dei cittadini comuni – per l’appunto il “popolo” – e le “élite” politiche sia nazionali che europee unite – al di là e al di sopra delle tradizionali divisioni politiche – dalla difesa di interessi particolari o peggio di privilegi “di casta”.
Fatte queste premesse, resta una domanda. Perché questa “prima volta” accade in Italia, quando invece altrove la crescita dei partiti e dei movimenti “populisti” – fenomeno che interessa buona parte d’Europa – finora si è sempre fermata alle soglie della conquista democratica del potere?
Le ragioni, crediamo, sono più d’una. C’entra di sicuro la maggiore fragilità del nostro Paese davanti alla crisi di questi anni, che ha visto allargarsi più che in quasi tutta Europa la sofferenza sociale e con essa la rabbia e il rifiuto dei “governati” verso i “governanti”.
Ma vi è una seconda ragione per questa anomalia, una ragione meno dibattuta e però altrettanto evidente. L’Italia è l’unico Paese dell’Europa occidentale dove ad anticipare nell’alfabeto e nel vocabolario la lingua populista sono stati i due leader più brillanti e autorevoli degli schieramenti tradizionali: Silvio Berlusconi e Matteo Renzi.
Berlusconi e la sua creatura politica – Forza Italia – sono stati i pionieri assoluti in Europa del nuovo ciclo populista. Nel 1994, quando Berlusconi divenne presidente del consiglio promettendo “meno tasse per tutti”, strillando contro i “professionisti della politica”, presentandosi come “oltre la destra e la sinistra”, nel resto dell’Europa occidentale le forze populiste erano marginali o inesistenti. Quanto a Renzi, basta mettere in fila un po’ di sue esternazioni dal 2013 in poi – qualche giorno fa l’ha fatto Marco Travaglio – per vedere che la sua breve ma intensa parabola vincente abbonda di toni e argomenti squisitamente populisti: i politici da rottamare, il Parlamento che lavora troppo poco, l’Europa dei burocrati che ci taglieggia, basta corpi intermedi tra me e chi mi vota…
I “riformisti” italiani, di destra e di sinistra, potevano scegliere di reagire all’avanzata dei populisti rimanendo nell’alveo ideale delle culture socialiste, liberali, popolari e sforzandosi al tempo stesso di aggiornare l’orizzonte culturale del proprio discorso pubblico. Hanno fatto – molto prima con Berlusconi, recentemente con Renzi – il contrario. Da una parte non hanno voluto, o saputo, rinnovare l’armamentario programmatico e culturale del riformismo: per esempio, citiamo un tema che ci sta particolarmente a cuore, non si sono minimamente sforzati di integrare un tema nuovo e popolare come l’ambiente nella loro sempre più asfittica e pre- moderna comunicazione politica. Dall’altra, hanno fatto di tutto per inseguire, nel caso di Berlusconi per anticipare, la fraseologia populista.
In Europa Merkel, Macron, Corbyn hanno seguìto un’altra strada: rispondere all’ascesa dei populisti continuando a fare il loro “mestiere” ma cercando di renderlo più contemporaneo.
Merkel, tuttora la leader di gran lunga più votata dai tedeschi, è rimasta una “conservatrice illuminata” e solidarista. Macron ha sbaragliato Marine Le Pen vestendo i panni del liberale europeista. Corbyn ha raggiunto e superato i conservatori nei sondaggi giocando da socialista laburista. E tutti e tre d’altra parte hanno confermato (Merkel) e costruito (Macron e Corbyn) la propria leadership dando spazio a temi e sensibilità inediti e sempre più diffusi tra i cittadini, a cominciare dall’ambiente.
In Italia è successo altro. In Italia il populismo oggi trionfante è nato proprio nel campo delle forze e culture politiche tradizionali. Forza Italia prima e poi il Pd renziano hanno recitato alla perfezione la parte degli apprendisti stregoni, e come gli apprendisti stregoni alla fine sono stati spazzati via da stregoni più efficaci, più spregiudicati di loro.

ROBERTO DELLA SETA

FRANCESCO FERRANTE

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