Non solo le trivelle. Tutti i flop ambientali di un M5S poco verde

di Roberto Giovannini su La Stampa

Sulla carta la conquista del potere da parte del Movimento Cinque Stelle prometteva grandi novità in tema di ambiente, natura, clima, energie pulite. Ma dopo sei mesi di governo anche gli osservatori meno ostili all’Esecutivo gialloverde non possono che constatare che i risultati concreti sono molto, ma molto lontani dalle aspettative.

Le promesse contenute nel programma elettorale di M5S sull’ambiente erano tante; le battaglie (anche feroci) condotte dall’opposizione moltissime. Ma i fatti portati a casa, a detta dei più, sono assai scarsi.

Una parte di responsabilità se la deve certo prendere il team che tra partito e governo avrebbe dovuto tirare la carretta: il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, il sottosegretario allo Sviluppo economico, Davide Crippa, e il presidente della Commissione Industria del Senato, Gianni Girotto. Gente dotata di una certa esperienza parlamentare, che però non è riuscita a evitare errori e flop amministrativi che hanno anche avuto conseguenze imbarazzanti. Come nel caso della norma sui fanghi dei depuratori: nulla di scandaloso nel merito, ma di certo un grave autogol sul piano della comunicazione esterna. Oppure, il pasticcio in corso in quest ore sulle autorizzazioni per le trivelle, un guaio combinato al Mise che con un po’ di avvedutezza sarebbe stato agevole evitare. Se vogliamo, peggiore ancora dal punto di vista del messaggio lanciato all’esterno è stata la vicenda del condono edilizio per Ischia e i comuni terremotati dell’Italia centrale. Le motivazioni usate per inserire il provvedimento nel decreto Genova sono state poco plausibili. Il ministro Costa non ha nascosto il suo dissenso.

Male è andata anche per gli incentivi alla mobilità elettrica: l’ambizioso schema iniziale è stato ridimensionato e quasi azzerato dal punto di vista concreto

Ingloriosa anche la performance nel corso della manovra di bilancio. Qui tra l’altro doveva finire la norma per regolamentare l’«end of waste», ovvero le materie prime che nascono dai rifiuti e che alimentano l’economia circolare. Il testo era talmente carente e in alcuni casi controproducente che alla fine Costa ha preferito eliminarlo, per ripresentarlo emendato in un decreto di prossima uscita. Male è andata anche per gli incentivi alla mobilità elettrica: l’ambizioso schema iniziale è stato ridimensionato e quasi azzerato dal punto di vista concreto. Di ieri è la scoperta di un altro pasticcio: una norma demenziale impone ai Comuni di far circolare le auto elettriche ma anche quelle ibride nelle aree pedonali e nelle ZTL. Si voleva infine stabilizzare il superbonus del 65% per l’efficienza energetica , ma si sono trovati soldi per un anno soltanto.

Ma anche sulle energie pulite i risultati sono deludenti. Il decreto sulle Fonti rinnovabili, nella sua bozza, era quasi uguale a quello di Calenda. Adesso è stato migliorato, ma di poco e non sugli obiettivi quantitativi. Il decreto «Fer 2» è fermo ai blocchi di partenza. I 16 miliardi annui di sussidi fiscali alle energie fossili non sono stati tagliati neanche di un euro. Non c’è traccia neanche del via libera ai sistemi chiusi di utenza, «una misura che invece sarebbe fondamentale per promuovere l’autoconsumo, l’energia distribuita e le fonti rinnovabili», dice Annalisa Corrado, di Green Italia/Possibile.

«Che la Lega non fosse sensibile alle tematiche ambientali era cosa nota, ma dal M5S ci si aspettavano politiche molto più proattive sul piano ambientale. Abbiamo invece visto poco, e molti pasticci»

Al ministero dell’Ambiente e a M5S sì dà spesso la colpa alla Lega. «Che la Lega non fosse sensibile alle tematiche ambientali era cosa nota – replica Francesco Ferrante, vicepresidente di Kyoto Club – ma dal M5S ci si aspettavano politiche molto più proattive sul piano ambientale. Abbiamo invece visto poco, e molti pasticci». La controreplica dei collaboratori di Costa sottolinea i 6,5 miliardi conquistati per interventi sul dissesto idrogeologico, il credito d’imposta per le imprese che producono senza imballaggi, e il cambiamento radicale della posizione dell’Italia sui temi ambientali in Europa: prima eravamo tra i «frenatori», adesso siamo tra i Paesi leader dal punto di vista dell’ambizione negli obiettivi climatici e ambientali.

«È vero – ragiona il direttore di Greenpeace Italia Pippo Onufrio – questo governo si è mosso relativamente bene in Europa. Ma il paradosso è che poi quando si tratta di agire in Italia, si afferma che possiamo accontentarci di target più modesti. Al momento la questione ambientale ed energetica non sembra essere una priorità del governo. C’è anzi una continuità piuttosto triste col passato». «Confesso che mi aspettavo che M5S arrivasse più preparato e strutturato all’appuntamento – conclude il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini – E poi constatiamo che non discutono e non si confrontano mai nel merito con noi e altri soggetti: avrebbero evitato alcuni errori, e varato provvedimenti migliori e meglio accolti»

 

 

 

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