L’emozione, poi la tensione

Convocato alle 10. Sono però un “subentrante” e devo quindi aspettare insieme agli altri colleghi nelle mie condizioni in una saletta del gruppo che vengano espletate le formalità  relative alle rinunce. Poi girovaghiamo un po’ per prendere confidenza con il “palazzo”. Si chiacchiera con giornalisti e colleghi nella Sala Italia stracolma e rumorosa. 

Convocato alle 10. Sono però un “subentrante” e devo quindi aspettare insieme agli altri colleghi nelle mie condizioni in una saletta del gruppo che vengano espletate le formalità  relative alle rinunce. Poi girovaghiamo un po’ per prendere confidenza con il “palazzo”. Si chiacchiera con giornalisti e colleghi nella Sala Italia stracolma e rumorosa. Gli esperti mi dicono che di solito non è mai così e che qui di solito il clima è molto rarefatto. Con alcuni colleghi pensiamo come affrontare al più presto la questione della legge delega ambientale che il governo Berlusconi ha approvato in extremis e di cui dobbiamo immediatamente provare a neutralizzare gli effetti più perniciosi. Alle 12 in punto finalmente il presidente Scalfaro mi proclama formalmente senatore e posso entrare in aula. L’emozione c’è. Mi siedo in alto e guardo l’aula gremita, i velluti rossi, le targhe in alto sopra il seggio del presidente – una per la proclamazione della Repubblica il 2 giugno e una con una frase di Vittorio Emanuele sull’Unità  d’Italia – la consapevolezza delle nuove responsabilità  che mi attendono è forte, persino pesante. Quando il direttore di Europa mi ha chiesto di tenere questa sorta di diario dei primi giorni di questa legislatura sapevo già  che questo di oggi sarebbe stato il pezzo più difficile per il rischio di scadere nella retorica. Ma tant’è: l’emozione e il peso della responsabilità  li avverto ed è giusto scriverle. Inizia l’appello nominale per il voto, ho fiducia che ce la si possa fare sin dal primo scrutinio e mi pare che sia una fiducia ampiamente condivisa tra le nostre fila. Inizia lo spoglio e invece si mette subito male: Franco Mariti, Franco Marino, Giulio Marino sono tre evidenti segnali che qualcosa non va e infatti alla fine ci mancano 5 voti per raggiungere la fatidica quota. La faccia di Franco Marini durante lo spoglio è una maschera. Anche per un vecchio navigatore della politica sono momenti di estrema tensione. Non ce l’abbiamo fatta. Certo che pensare che qualcuno nascondendosi dietro al voto segreto si agita per contrattare molto guasta della “sacralità ” del momento. Rivotiamo nel pomeriggio e alle 7 della sera sembra finalmente fatta: esplosioni di giubilo. E invece no: annullata la votazione ci riconvocano alle 20.15. Subito dopo l’orario slitta alle 22 perché molti senatori si sono già  allontanati dall’aula. Niente da dire: sul piano delle emozioni il “primo giorno di scuola” ha più che mantenuto le promesse. Mentre scrivo non posso sapere come finirà  tra un paio d’ore la sfida politica ma la fiducia resta forte. P.S. Per un mese il tormentone degli amici è stato: «Non ti potrai allontanare mai», «ti legheranno alla sedia», «portati la brandina»: mi sa che avevano ragione!

Tranquilli, sono tornato

Giovedì 27 aprile 2006 ore 15 riunione di tutti gli eletti della Margherita alla camera e al senato. 

Quando arrivo vengo accolto dal sospiro di sollievo di numerosi colleghi e delle ragazze del gruppo del senato: temevano che qualche problema nel viaggio aereo di ritorno da Chernobyl – dove ero andato con una delegazione di Legambiente in occasione del ventennale dell’incidente – mi tenesse lontano e che oggi sarebbe mancato il mio voto. Sono arrivato, tutto a posto. E mi pare che, in generale, a parte tutte le inevitabili fibrillazioni dovute a questa nostra maggioranza così risicata, non ci saranno problemi e che presto supereremo questo primo scoglio. Iniziamo con un minuto di silenzio per i morti di Nassiriya. L’attentato ovviamente fa passare qualsiasi voglia di “festa”. Evidentemente non saranno i terroristi a cambiare in un senso o nell’altro ciò che abbiamo già  deciso di fare. Di ritirarci cioè dall’Iraq e nei tempi stabiliti, ma queste nuove morti mi colpiscono non solo per il carico tragico e luttuoso che colpisce nostri concittadini ma per l’ennesima prova dell’inutilità  di questa avventura che ci regala un Iraq insicuro e dilaniato e l’area medio orientale ancora più instabile. Rutelli e Prodi fanno due brevi ma densi interventi incentrati sulla decisione di fare i gruppi unici dell’Ulivo sia alla camera che al senato. àˆun passaggio politico importante che non era affatto scontato e soprattutto mi pare si sia oltrepassato un punto di non ritorno. Voglio dire che ovviamente il Partito democratico non è nato oggi, anzi sia a livello territoriale che nazionale Ds e Margherita continueranno a sentirsi ancora “due” distinti soggetti e sul piano locale ci saranno anche frizioni, ma quella strada è imboccata con un passo formale importante e non si torna più indietro perché il prezzo che si pagherebbe di fronte agli elettori sarebbe elevatissimo e nessuno se lo potrà  permettere. Ora affinché il processo vada avanti con passo spedito bisognerà  lavorare per andare oltre l’incontro e l’intreccio fra i due partiti, i loro militanti, le loro culture e forme organizzate ereditate dai partiti storici di massa, per far fruttare la capacità  – dimostrata già  dal risultato elettorale dell’Ulivo – che il Partito democratico ha di attrazione di “altro” e di “nuovo”: ciò che ci serve per superare la barriera invisibile che continua a spaccare l’Italia a metà .

A Chernobyl, per l’addio all’atomo

àˆ l’una e ventitré minuti della notte del 26 aprile 1986 quando all’interno della centrale nucleare di Chernobyl avviene la prima esplosione, 

àˆ l’una e ventitré minuti della notte del 26 aprile 1986 quando all’interno della centrale nucleare di Chernobyl avviene la prima esplosione, passano solo pochi secondi e avviene una seconda esplosione causata dal combustibile e dalla grafite all’interno del nocciolo, determinando la fuoriuscita e la diffusione nell’ambiente di gran parte del materiale radioattivo contenuto nel quarto reattore. Il pennacchio di fumi contenenti isotopi radioattivi si alza per oltre un chilometro. I componenti pesanti ricadono nelle vicinanze, mentre i componenti leggeri si dirigono verso l’Europa seguendo la rotta dei venti prevalenti. La contaminazione riguarderà  155mila chilometri quadrati tra Ucraina, Russia e Bielorussia, e produrrà  un aumento della radioattività  su gran parte dell’Europa. àˆ di 11 miliardi di miliardi di Baquerel la radioattività  rilasciata dalle esplosioni, un valore 30 miliardi di volte superiore alla dose massima utilizzata per terapie radiologiche di tumori. Difficile fare una stima esatta delle vittime dovute al fall out radioattivo che ha interessato oltre tre milioni di persone. Certamente 1800 sono stati i casi di cancro alla tiroide censiti dall’Aiea in bambini che all’epoca dell’incidente avevano un età  compresa tra i 0 e 14 anni, e un milione e mezzo di persone vivono ancora oggi in aree con livelli di contaminazione superiori a un curie per chilometro quadrato. Sono migliaia le famiglie italiane organizzate da associazioni cattoliche e laiche come Legambiente che ogni anno ospitano per alcune settimane i “bambini di Chernobyl” provenienti dalla Bielorussia e dall’Ucraina per garantire loro un seppur breve, ma utilissimo secondo i medici, periodo di soggiorno in zone non contaminate e un’alimentazione sana. L’impianto di Chernobyl ha cessato la sua attività  nel 2000 ma rappresenta tutt’ora una potenziale ed enorme minaccia e la sua messa in sicurezza definitiva dovrebbe essere una priorità  non solo dell’Ucraina ma dell’intera comunità  internazionale. Chernobyl dimostrò che il rischio d’incidente, sempre presente in qualsiasi impianto industriale, legato a problemi della tecnologia o a errori umani, nel caso del nucleare comporta conseguenze non paragonabili con nessun altro evento del genere. Eppure, anche negli ultimi mesi in Europa le “sirene nucleariste” hanno fatto sentire la loro voce. Le argomentazioni sulla bontà  di una scelta anche per il nostro paese di ritornare al nucleare si scontrano però con i problemi irrisolti della gestione dei rifiuti radioattivi e dello smantellamento degli impianti, e non ultimi, con i costi veri di produzione di un chilowattora da produzione elettronucleare. Nonostante da più parti si continui a spacciare il nucleare come una tra le fonti energetiche più convenienti i suoi costi “veri” hanno infatti scoraggiato i privati dall’investire in questa tecnologia negli ultimi decenni. E non è un caso che negli Stati Uniti, e nel resto dei paesi occidentali dove i produttori di energia elettrica sono privati, non si costruisca una centrale nucleare dalla fine degli anni ’70.

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