Alluvione Calabria

A 6 ANNI DALLA TRAGEDIA DI SOVERATO LA CALABRIA RESTA TROPPO FRAGILE IL 90% DEI COMUNI HA COSTRUITO IN AREE A RISCHIO ALLUVIONE E FRANA LA PROTEZIONE CIVILE GARANTISCE SOCCORSI TEMPESTIVI ED EFFICACI MA DIVENTANO INELUDIBILI INTERVENTI DI QUALITA’ PER METTERE IN SICUREZZA IL TERRITORIO CALABRESE 

L’alluvione che ieri ha devastato la provincia di Vibo Valentia evidenzia ancora una volta una regione dai piedi d’argilla. A sei anni dalla tragedia di Soverato, i lutti di ieri ci ricordano drammaticamente quanto il territorio calabrese sia fragile. Fiumi, torrenti e fiumare abbandonate a se stesse, in balia dell’abusivismo, dell’urbanizzazione delle aree golenali e di greti trasformati in discariche. Non solo una pesante eredità  del passato, ma anche una scadente politica di gestione del territorio che resta di drammatica attualità . In Calabria infatti il 90% dei comuni ha abitazioni in aree di esondazione e appena il 13% realizza un positivo lavoro di prevenzione e cura del territorio per contrastare le alluvioni. “Ancora una volta la protezione civile deve accorrere per salvare il salvabile, un intervento tempestivo ed efficace che ha permesso di non aggiungere tragedia a tragedia – spiega Francesco Ferrante, direttore generale Legambiente – non è pensabile di rimandare una seria politica di messa in sicurezza di questi territori abbandonati, soprattutto di quei piccoli torrenti e fiumare che normalmente sono a secco- continua Ferrante – ma che possono trasformarsi in veri fiumi in piena”. Eppure di fondi per la messa in sicurezza del territorio calabrese ne sono stati concessi negli anni. Finanziamenti che raramente hanno portato ad un concreto risultato per la sicurezza dei cittadini e dei loro beni. E’ improrogabile passare dalla logica dei finanziamenti a pioggia a quelli mirati ad interventi di messa in sicurezza di qualità , realmente efficaci. “La Regione non può rimandare oltre un serio monitoraggio su quali e quante abitazioni esistono nelle aree a rischio – spiega Ferrante – e programmare una politica di prevenzione per renderle sicure, ricorrendo anche all’abbattimento degli abusi. Il governo può e deve trovare fondi per mettere la parola fine alla fragilità  calabrese – conclude Ferrante – senza buttarli in opere di dubbia efficacia. Per questo parliamo di finanziamento diretto alla delocalizzazione delle strutture in aree a rischio e a interventi di qualità  di cui sia verificata in sede di collaudo l’efficacia”.

Ogm, quello che Bonino non dice

Il ministro Bonino si è risentita perché in un articolo su questo giornale avevo scritto che la stessa aveva detto qualche «parola in libertà », senza tener conto del programma di governo di cui pure lei fa parte, sul tema degli organismi geneticamente modificati. 

Nel merito, nella sua replica rivendica le sue prerogative di ministro per le politiche comunitarie e cita alcune decisioni «europee » in merito. Elude però il punto politico essenziale cioè che la posizione dell’Italia in questi anni, quella scritta nel programma dell’Unione, e quella ribadita dal ministro competente, sostanzialmente contraria all’introduzione degli ogm in agricoltura, non è una scelta ideologica ed antiscientifica, ma squisitamente politica per sostenere e promuovere la nostra agricoltura di qualità , che incontra il favore dei consumatori europei a differenza dei prodotti transgenici.Per quanto riguarda poi il riferimento alla normativa comunitaria che consente la coltivazione e commercializzazione di prodotti transgenici, Bonino non tiene affatto in considerazione i forti problemi politici che Commissione e Consiglio stanno tentando di risolvere rispetto alla procedura di autorizzazione.In sintesi: dall’aprile 2004 (quando è stata superata la “moratoria di fatto) non è stata concessa ancora alcuna autorizzazione per la coltivazione; la principale ragione deriva dai forti contrasti tra l’Agenzia europea sicurezza alimentare (la cui indipendenza scientifica rispetto alle multinazionali biotech è dubbia) e gli esperti scientifici nazionali che hanno contestato all’Aesa in particolare la mancata valutazione degli «effetti cumulativi a lungo termine» sulla salute umana e l’ambiente, come previsto appunto dall’allegato II della direttiva 2001/18.Per quanto riguarda la coesistenza, va sottolineato che si tratta di un problema ancora tutto da risolvere a livello comunitario. Per il momento la palla è ritornata al livello nazionale. Infatti nelle Conclusioni del Consiglio agricoltura dello scorso 22 maggio si è nei fatti constatata l’impossibilità  di raggiungere un accordo tra i 25 governi, per cui semplicemente si rimanda all’applicazione delle linee guida comunitarie attraverso leggi nazionali che consentano agli stati membri la necessaria flessibilità » per venire incontro ai «particolari bisogni» delle singole regioni (una possibile porta aperta all’istituzione di zone ogm-free che per Bonino invece non sarebbero ammissibili).Questo per quanto riguarda la questione di merito (come si vede il neoministro dovrebbe chiedere informazioni più precise ai suoi uffici), ma il punto centrale del mio articolo era un altro: la differenza nell’attenzione dei media sulle esternazioni dei ministri.Pagine e pagine sul “conflitto” tra cattolici e laici (visto che quello è il modo più ghiotto di mettere i bastoni tra le ruote al Partito democratico), prime pagine interamente dedicate a un qualsiasi starnuto (a volte, per la verità , davvero insopportabili) che proviene dall’ala radicale dello schieramento, nulla quaestio se invece l’esternazione pur contraria al programma condiviso è favorevole a un qualche interesse ben insediato.La controprova la fornisce proprio Bonino che, nello stesso giorno del suo articolo su Europa, concede un’intervista al Sole 24 Ore per sostenere la stupefacente tesi che non è giusto sospendere l’entrata in vigore del famigerato codice ambientale. Stupefacente, perché contro quella legge si sono battuti l’intero schieramento, allora all’opposizione e oggi al governo e tutte le forze sociali interessate (tranne una parte di Confindustria che anche oggi continua nella sua operazione di lobbying), ma stupefacente soprattutto perché sostiene che quel testo ci aiuterebbe a superare le tante infrazioni sui temi ambientali che abbiamo accumulato in questi anni nei confronti delle direttive europee. àˆvero l’esatto contrario, come potrà  spiegare al ministro qualsiasi funzionario, membro di Commissione o Europarlamentare: quel testo pasticciato aumenterà  le nostre infrazioni.A fronte di questa sorprendente intervista nessuno scandalo (visto che appunto era favorevole a quella piccola ma ininfluente parte di Confindustria) e la storia dei due pesi e delle due misure va avanti. Alla prossima.

AMBIENTE: DELEGA; VIA LIBERA CDM A MODIFICHE

FERRANTE (ULIVO): “POSITIVA DECISIONE DEL GOVERNO. ORA SI PROCEDA CON CELERITA’” 

“La scelta di modificare il codice ambientale è utile e positiva – ha dichiarato Francesco Ferrante, capogruppo dell’Ulivo in Commissione Ambiente al Senato -. Meglio sarebbe stata la sospensione degli effetti più negativi (relativi ai settori dei rifiuti e difesa del suolo), così come d’altronde avevamo richiesto nel nostro emendamento presentato al Senato. E’ però importante che ci sia ora un atto di Governo che chiarisca una volta per tutte che quelle norme vanno riscritte e, soprattutto, in tempi certi. E’ stata così sconfitta la lobby di quei gruppi che per difendere interessi particolari erano disposti a far strame della certezze del diritto sulle questioni ambientali. Ora, il ministero dell’Ambiente deve procede con la massima celerità  per ristabilire norme moderne, efficaci, in linea con l’Europa, e deve farlo tenendo conto – contrariamente a quel che fece Matteoli – delle opinioni di tutti gli stakeholders coinvolti: associazioni ambientaliste, sindacati, imprese”.

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